Sarà il ras di Salerno (quattro mandati), ora sindaco decaduto (Legge Severino ‘demenziale’) e condannato in primo grado Vincenzo De Luca per il centrosinistra a contendere lo scettro di presidente della Regione Campania all’uscente Stefano Caldoro nelle prossime elezioni. Si torna indietro con il tempo.
E’ il remake di cinque anni fa quando lo stesso De Luca perse la corsa alla poltrona di governatore e contraddicendo il suo impegno solenne di condurre un’opposizione dura in consiglio regionale si dimise due giorni dopo la proclamazione. Dopo giorni di caos, rinvii, guerre tra candidati, ritiri, dimissioni, accuse, selfie con i cosentiniani doc, le primarie del Pd, a urne chiuse, sanciscono un amaro verdetto: un dinosauro della politica gareggerà contro l’uscente governatore che tranquillamente potrebbe essere rappresentato vignettisticamente senza volto.
Le scosse sussultorie e ondulatorie delle consultazioni di ieri nei gazebo allestiti più o meno in modo creativo in tutta la Campania ci svelano ciò che già sapevamo : i soliti capibastone – questo ha denunciato lo scrittore Roberto Saviano – e personali reticoli di potere hanno negato con forza il pur timido tentativo di rinnovamento della politica del centrosinistra in Campania. Il pantano maleodorante non è una novità. Una crisi della politica che altrove, dalla Liguria all’Emilia, non casualmente con il “libero” voto di partito e coalizione del centrosinistra è sprofondato nel caos. E’ una profezia che si autoadempie. Lo stato di salute del partito democratico e in generale del centrosinistra, senza le suggestioni pirotecniche renziane, è davvero poca cosa.
Tornando alla Campania Andrea Cozzolino e Vincenzo De Luca, i due duellanti rimasti in lizza dopo il ritiro di altri due candidati, rappresentano una vecchia, decrepita stagione politica anche se il sindaco decaduto di Salerno strategicamente ricorda che la sua non è una candidatura di partito ma del territorio. Sarà quel che sarà. In realtà sono rimasti in campo gente che resta a galla solo grazie alle solide rendite di posizione e per i fedelissimi a loro legati. Nessuna libera scelta da parte della comunità degli elettori e simpatizzanti del Pd e centrosinistra ha trionfato. Altro che selezione della nuova classe dirigente, da queste parti non hanno saputo né fare né trovare di meglio. A Napoli, la Leopolda si è chiamata Fonderia.
Nelle intenzioni doveva dare sostanza alla politica, riempirla e far emergere nuovi politici: il nome emerso è stato quello di Pina Picierno, vabbè ci siamo capiti. E di fronte a questo deserto, proprio in quella sede, il popolo piddino, si è spellato le mani quando a prendere la parola sono stati Antonio Bassolino e lo stesso Vincenzo De Luca. Politici forse dell’era glaciale ma fatti di altra sostanza e caratura. C’è poco da dire. De Luca in queste ore convulse ha già dato un preciso segnale politico rivolgendosi direttamente ai vertici del Pd: “Sono il principale elettore in Campania e l’azionista di riferimento di Renzi. Io mi sono mosso nell’ambito delle regole dello statuto del partito”. Chi faceva finta di non capire ora deve per forza capire nel centrosinistra: il rinnovamento della politica dev’essere autentico altrimenti crescerà il partito degli astensionisti e l’avventurismo.