Non c’è rimasto quasi più nulla di “convenzionale” nei piani di azione delle Banche centrali. Il 15 marzo la Banca centrale europea (Bce) inizierà ad acquistare titoli di Stato senza sterilizzare, ovvero stampando moneta, sotto il nome di quantitative easing. La Bce ha sparato la cartuccia più grande del suo arsenale. Ora siamo in acque inesplorate, come i banchieri centrali definiscono una situazione sconosciuta le cui conseguenze sono imprevedibili. Si naviga a vista.
La decisione arriva dopo tre anni d’interventi “non convenzionali” meno invasivi, quali il rifinanziamento illimitato a medio termine delle banche con un tasso vicino allo zero o tassi negativi sui depositi delle banche presso la banca centrale. Queste misure hanno certamente evitato un’ecatombe finanziaria, ma non hanno risolto i nodi strutturali che hanno fatto scivolare il tasso d’inflazione dell’Eurozona sotto lo zero a fine 2014 e decimato l’accesso al credito nella periferia. Anzi, la Bce si è ritrovata con un sistema bancario indebolito, che ha utilizzato quella liquidità per acquistare titoli di stato e sostanzialmente per speculare sulla differenza tra il tasso Bce e il tasso di mercato. Non è quello che la banca centrale avrebbe voluto, ovvero più credito all’industria e alle famiglie per stimolare la crescita.
Come per altre Banche centrali, il parziale fallimento di questi interventi ha sancito la perdita di controllo sui meccanismi tradizionali di trasmissione della politica monetaria tramite il sistema finanziario. Pertanto, non è rimasto che l’intervento diretto nel mercato secondario con l’acquisto di strumenti finanziari considerati a basso rischio per limitare le perdite. Oltre ad alcuni tipi di cartolarizzazioni e obbligazioni garantite, la Bce (tramite le banche centrali nazionali) potrebbe acquistare ogni mese intorno ai 45 miliardi di titoli di Stato dell’area euro e 6 miliardi di titoli emessi da istituzioni europee (come il meccanismo europeo di stabilità), da marzo 2015 a settembre 2016. Il mandato permetterà alla Bce di estendere gli acquisti anche oltre il 2016, se l’inflazione non risale verso il 2 per cento. Ad esempio, nel 2015 si potranno acquistare obbligazioni italiane per circa 5,4 miliardi al mese, ma senza mai raggiungere il 33 per cento di tutti i titoli in circolazione dallo stato italiano o il 25 per cento di una singola emissione.
Difficile che alla fine vengano comprati tutti i 103 miliardi che potrebbero essere allocati all’Italia, anche perché la Bce già possiede alcune decine di miliardi di obbligazioni italiane acquistate con un precedente programma di acquisto limitato. Inoltre, la Bce porterà nel suo bilancio solo l’8 per cento dei titoli di Stato acquistati, al massimo 67 miliardi, mentre gli altri 769 miliardi potranno essere acquistati dalle banche centrali nazionali a loro rischio.
Sebbene la complessa rete di regole ed eccezioni riduca il peso reale di questo intervento, è innegabile che questo piano non abbia precedenti nella breve storia dell’euro-politica monetaria. È un altro segnale di espansione della moneta in circolazione per stimolare ritorni e quindi investimenti. Ma gli effetti non sono scontati.
Mentre iniziative di acquisto di titoli di Stato hanno avuto un successo almeno parziale negli Stati Uniti, il contesto ora è diverso. La curva dei tassi d’interesse (costo del credito) è già a livelli minimi anche nel lungo termine, mentre i tassi d’interessi sui titoli di stato sono ritornati ai livelli antecedenti al 2010. Inoltre, la bilancia dei pagamenti per i paesi dell’euro (tranne la Grecia) è in positivo, quindi siamo noi creditori verso l’esterno, con l’autonomia finanziaria che questo comporta. Un intervento del genere avrebbe avuto certamente un impatto positivo maggiore nel pieno dell’emorragia finanziaria post ristrutturazione debito greco, come alcuni (incluso il sottoscritto) avevano sostenuto, ma che per motivi politici la Bce. E decise di non perseguire.
L’effetto annuncio ha spinto giù il tasso di cambio e fatto già alcune vittime. La banca centrale svizzera ha mollato la parità con l’euro, mentre il governo danese è stato costretto a sospendere l’emissione di titoli governativi. Se si pensa, però, che solo il 20 per cento del prodotto interno lordo viene esportato fuori dall’eurozona, l’impatto reale potrebbe essere ancor più limitato. Ci si chiede poi se alleggerire i bilanci delle banche dai titoli di stato ne incoraggi davvero la ristrutturazione da parte dei governi nazionali e nel frattempo stimoli le aspettative d’inflazione.
È un circuito complesso e pieno di trappole, ma è chiaro che l’eurozona abbia bisogno di riforme strutturali. La ristrutturazione del sistema bancario, con fusioni e riorganizzazioni anche transfrontaliere, e industriale, con il completamento del mercato unico in molti settori e la mobilità dei fattori produttivi, dovrebbero essere una priorità. Siamo certi che senza pressioni di mercato l’Euro area riuscirà a trovare la dura via delle riforme? Intanto, la Bce compra tempo con un conto che alla fine potrebbe risultare molto salato.
Diego Valiante
capo ricerca mercati e capitali del Centre for European Policy Studies (CEPS)
da il Fatto Quotidiano del 25 febbraio 2015
Economia
Quantitative easing, la Bce compra tempo. Ma è già troppo tardi
Da metà marzo Mario Draghi comincerà ad acquistare titoli di Stato stampando moneta. Una mossa attesa da cinque anni che però da sola potrebbe non bastare perché ora i tassi di interesse sono già bassi e la bilancia dei pagamenti dell'Eurozona è in positivo
Non c’è rimasto quasi più nulla di “convenzionale” nei piani di azione delle Banche centrali. Il 15 marzo la Banca centrale europea (Bce) inizierà ad acquistare titoli di Stato senza sterilizzare, ovvero stampando moneta, sotto il nome di quantitative easing. La Bce ha sparato la cartuccia più grande del suo arsenale. Ora siamo in acque inesplorate, come i banchieri centrali definiscono una situazione sconosciuta le cui conseguenze sono imprevedibili. Si naviga a vista.
La decisione arriva dopo tre anni d’interventi “non convenzionali” meno invasivi, quali il rifinanziamento illimitato a medio termine delle banche con un tasso vicino allo zero o tassi negativi sui depositi delle banche presso la banca centrale. Queste misure hanno certamente evitato un’ecatombe finanziaria, ma non hanno risolto i nodi strutturali che hanno fatto scivolare il tasso d’inflazione dell’Eurozona sotto lo zero a fine 2014 e decimato l’accesso al credito nella periferia. Anzi, la Bce si è ritrovata con un sistema bancario indebolito, che ha utilizzato quella liquidità per acquistare titoli di stato e sostanzialmente per speculare sulla differenza tra il tasso Bce e il tasso di mercato. Non è quello che la banca centrale avrebbe voluto, ovvero più credito all’industria e alle famiglie per stimolare la crescita.
Come per altre Banche centrali, il parziale fallimento di questi interventi ha sancito la perdita di controllo sui meccanismi tradizionali di trasmissione della politica monetaria tramite il sistema finanziario. Pertanto, non è rimasto che l’intervento diretto nel mercato secondario con l’acquisto di strumenti finanziari considerati a basso rischio per limitare le perdite. Oltre ad alcuni tipi di cartolarizzazioni e obbligazioni garantite, la Bce (tramite le banche centrali nazionali) potrebbe acquistare ogni mese intorno ai 45 miliardi di titoli di Stato dell’area euro e 6 miliardi di titoli emessi da istituzioni europee (come il meccanismo europeo di stabilità), da marzo 2015 a settembre 2016. Il mandato permetterà alla Bce di estendere gli acquisti anche oltre il 2016, se l’inflazione non risale verso il 2 per cento. Ad esempio, nel 2015 si potranno acquistare obbligazioni italiane per circa 5,4 miliardi al mese, ma senza mai raggiungere il 33 per cento di tutti i titoli in circolazione dallo stato italiano o il 25 per cento di una singola emissione.
Difficile che alla fine vengano comprati tutti i 103 miliardi che potrebbero essere allocati all’Italia, anche perché la Bce già possiede alcune decine di miliardi di obbligazioni italiane acquistate con un precedente programma di acquisto limitato. Inoltre, la Bce porterà nel suo bilancio solo l’8 per cento dei titoli di Stato acquistati, al massimo 67 miliardi, mentre gli altri 769 miliardi potranno essere acquistati dalle banche centrali nazionali a loro rischio.
Sebbene la complessa rete di regole ed eccezioni riduca il peso reale di questo intervento, è innegabile che questo piano non abbia precedenti nella breve storia dell’euro-politica monetaria. È un altro segnale di espansione della moneta in circolazione per stimolare ritorni e quindi investimenti. Ma gli effetti non sono scontati.
Mentre iniziative di acquisto di titoli di Stato hanno avuto un successo almeno parziale negli Stati Uniti, il contesto ora è diverso. La curva dei tassi d’interesse (costo del credito) è già a livelli minimi anche nel lungo termine, mentre i tassi d’interessi sui titoli di stato sono ritornati ai livelli antecedenti al 2010. Inoltre, la bilancia dei pagamenti per i paesi dell’euro (tranne la Grecia) è in positivo, quindi siamo noi creditori verso l’esterno, con l’autonomia finanziaria che questo comporta. Un intervento del genere avrebbe avuto certamente un impatto positivo maggiore nel pieno dell’emorragia finanziaria post ristrutturazione debito greco, come alcuni (incluso il sottoscritto) avevano sostenuto, ma che per motivi politici la Bce. E decise di non perseguire.
L’effetto annuncio ha spinto giù il tasso di cambio e fatto già alcune vittime. La banca centrale svizzera ha mollato la parità con l’euro, mentre il governo danese è stato costretto a sospendere l’emissione di titoli governativi. Se si pensa, però, che solo il 20 per cento del prodotto interno lordo viene esportato fuori dall’eurozona, l’impatto reale potrebbe essere ancor più limitato. Ci si chiede poi se alleggerire i bilanci delle banche dai titoli di stato ne incoraggi davvero la ristrutturazione da parte dei governi nazionali e nel frattempo stimoli le aspettative d’inflazione.
È un circuito complesso e pieno di trappole, ma è chiaro che l’eurozona abbia bisogno di riforme strutturali. La ristrutturazione del sistema bancario, con fusioni e riorganizzazioni anche transfrontaliere, e industriale, con il completamento del mercato unico in molti settori e la mobilità dei fattori produttivi, dovrebbero essere una priorità. Siamo certi che senza pressioni di mercato l’Euro area riuscirà a trovare la dura via delle riforme? Intanto, la Bce compra tempo con un conto che alla fine potrebbe risultare molto salato.
Diego Valiante
capo ricerca mercati e capitali del Centre for European Policy Studies (CEPS)
da il Fatto Quotidiano del 25 febbraio 2015
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Economia & Lobby
Tagliati 1,5 miliardi per la manutenzione delle strade: vanno al Ponte. Fiducia sulla manovra. Opposizioni: “Vergogna”. Il no profit: “Delusi”
Politica
Migranti e Paesi sicuri, la Cassazione ha smontato le tesi del Governo Meloni: “Il potere di accertamento del giudice non può essere limitato” – la sentenza
Mondo
Putin: “Obiettivi vicini. Zelensky illegittimo, dovevo attaccare prima”. Il presidente ucraino: “Garanzie Ue insufficienti, Trump uomo forte”
Roma, 19 dic (Adnkronos) - "La Corte di Cassazione ha stabilito in maniera chiara e netta che la competenza di decidere se un Paese è o meno sicuro spetta al governo. Quindi non i singoli giudici. La conferma che il governo Meloni aveva ragione e che le sentenze con cui i giudici hanno annullato i trasferimenti in Albania dei migranti sbarcati illegalmente sulle nostre coste erano sbagliate. Cosa diranno adesso Schlein e gli altri esponenti delle opposizioni, insieme alla grancassa dei loro house organ, dinanzi a questa sentenza che decreta il loro ennesimo fallimento? Per quanto ci riguarda continuiamo ad andare avanti, consapevoli che tutta l’Europa guarda all’Italia come un modello nel contrasto all’immigrazione illegale”. Lo dichiara il presidente dei senatori di Fratelli d’Italia Lucio Malan.
Roma, 19 dic (Adnkronos) - "Hai fatto la cosa giusta". Così, su Twitter, Elon Musk replica al commento che Matteo Salvini aveva fatto al post del patron di Tesla sul caso Open arms.
Roma 19 dic (Adnkronos) - "I delinquenti sono quelli che vogliono Salvini in galera". Lo scrive sui social Francesco Storace.
Roma, 19 dic (Adnkronos) - "Sono contento che abbiano assolto Renzi, che non finisca in galera. Io voglio vincere le elezioni perchè la gente ci dà fiducia, non perchè arrestano tutti gli altri". Lo ha detto Matteo Salvini in una diretta social.
Roma 19 dic (Adnkronos) - - "Se mi dichiareranno innocente sarò felice per i miei figli e perchè ho fatto il mio lavoro. Se mi dichiareranno colpevole sarò felice lo stesso, non mi pento assolutamente di nulla, ho difeso da immigrati clandestini e trafficanti il mio Paese. Sarebbe un problema per l'Italia e gli italiani, con un ministro che bloccava gli sbarchi condannato immaginate voi trafficanti, scafisti e delinquenti dove verrebbero e porterebbero questi disperati". Lo ha detto Matteo Salvini in una diretta social alla vigilia della sentenza del processo Open Arms.
Roma, 19 dic (Adnkronos) - "Chi non rischia, chi non va oltre l'ostacolo, non va da nessuna parte. Io, da 51enne, comunque vada sarò orgoglioso di quello che ho fatto". Lo ha detto Matteo Salvini in una diretta social alla vigilia della sentenza su Open Arms.
"Se mi assolvono ho fatto il mio dovere e bye bye sinistra. In in caso di condanna ricorreremo in appello, la riterrei una profonda ingiustizia e un danno non a me ma al Paese", ha spiegato il ministro dei Trasporti proseguendo: "Mi stanno arrivando migliaia di messaggi, ho preso l'aereo e tanti ragazzi mi hanno detto non mollare, bravo. Sono felice".
"Paura zero, mi sento come la canzone di Venditti 'Notte prima degli esami', mi sento orgoglioso e felice di quello che ho fatto. Domani è la sentenza di primo grado, poi c'è l'appello e la Cassazione. Tolgo qualche gioia a chi mi augura il male, se mi condannano farò ricorso e continuerò a fare il mio lavoro", ha proseguito Salvini.
Roma, 19 dic (Adnkronos) - "A me pare di poter dire, non temendo di essere smentita, che senza Nino Andreatta i cattolici democratici, dopo il terremoto della Prima Repubblica e il tracollo della Dc, probabilmente non avrebbero maturato la scelta del centrosinistra. E soprattutto che senza di lui non avrebbe visto la luce l’Ulivo, che io considero davvero una grande 'invenzione' politica". Lo ha detto Anna Ascani, cicepresidente della Camera e deputata dem, intervenendo alla presentazione del numero della rivista 'Arel' su Nino Andreatta.
"E non parlo di forma, di contenitore, ma di idealità, della possibilità che Andreatta e altri videro e perseguirono, di unire le culture popolari e riformiste di centro e di sinistra chiudendo la lunga stagione che le aveva viste contrapposte e, ancora più importante, di consentire attraverso la 'contaminazione' tra cultura cattolico-democratica, socialista, laica, ambientalista la nascita del Partito democratico. Non sarei qui oggi, non saremmo qui in tanti, senza la visione di Nino Andreatta e di chi allora credette in quella scommessa", ha aggiunto.