Restano il numero e l'impianto delle reti di viale Mazzini i fattori di dispersione delle risorse che costringono a un rapporto passivo e rendono la produzione povera in partenza
Questa è stata la settimana del varo del “piano Gubitosi” che ha i suoi limiti, ma comunque dà l’avvio al superamento della struttura a testate giornalistiche multiple. Ed è probabile che anche per le reti Rai siano più che maturi i tempi per affrontarne i problemi in termini strutturali anziché soffermarsi a soppesare questo o quel programma, più o meno riuscito. Che la questione sia più ampia ce lo suggerisce, sempre in questa settimana, il flop dell’intrattenimento di Rai Uno sia al venerdì (dove un interminabile Forte, forte, forte è rimasto all’11,4%) sia al sabato (dove Notti sul ghiaccio è finito congelato al 14,2%). Forse perché lo show per famiglia dovrebbe essere sempre un po’ “evento nazionale”, per non banalizzarsi nella continua rifrittura dei format acquistati all’estero. Ma, e qui viene il problema strutturale, non puoi mirare così in alto se devi occupare con quell’entertainment due sere alla settimana. Perché allora le risorse si assottigliano e tutto si assomiglia, un po’ come è accaduto ai talk show politici.
Qualcosa di simile forse spiega anche l’esile risultato, sempre in questa settimana, dell’altro pezzo forte di Rai Uno, la fiction, che però stavolta si misurava con l’azione (Sfida al cielo) e alludeva a Gomorra. Ma l’azione era più raccontata che mostrata – vincoli di budget, supponiamo – e il pubblico è stato avaro col 14%, più o meno. Conta che ti riconta, sempre lì arrivi: è l’attuale numero e impianto delle reti Rai, a partire dalle tre generaliste, per non parlare della moltitudine dei canaletti, che disperde le risorse, costringe a un rapporto passivo col mercato e rende la produzione povera in partenza. Gli effetti sul pubblico ne conseguono. Problema che Mediaset non ha (infatti se la sta cavando piuttosto bene con gli ascolti anche di questi tempi) perché è nata per surfare sul mercato con acquisti di idee e prodotti di ogni tipo che, più che di un’anima, hanno bisogno di una confezione.
Insomma, la campana della riforma Rai, a dirla in breve, non suona solo per l’azienda pubblica, ma anche per il mondo intorno. Al punto che, quale più quale meno, tutte le altre aziende di broadcasting potrebbero essere sfidate a “pensarsi” anziché a “riprodursi“, e dunque ad essere vere comunità d’impresa, altrimenti te lo saluto il pensiero. Questioni futili, per decenni. Oggi attuali. Vedremo se saranno anche utili.