Scuola

Roma, il liceo ‘Malpighi’ sceglie la settimana corta. E’ questa ‘la buona scuola’?

E’ stata una delle tre proposte di legge nella carriera di Clemente Mastella. Un nome e un programma. E già questo basterebbe per capire che non bisognerebbe neanche prenderla in considerazione. Si tratta della settimana corta a scuola. Su questo tema ci sono pareri contrastanti. C’è chi la considera negativa prendendo spunto da uno studio giapponese che spiega perché così aumenterebbe le disuguaglianze tra gli studenti. Gli studenti con genitori più istruiti (e con più tempo libero) approfitterebbero del week-end per studiare materie supplementari mentre chi ha genitori con un diploma di scuola media (e che magari è obbligato a lavorare il sabato) finirebbe per rimanere indietro e per acquisire meno nozioni.

C’è invece chi la considera positiva perché così si risparmia in riscaldamento, energia elettrica, altre utenze e personale Ata. E poi si prendono a riferimento le scuole europee che, in molti casi, applicano la settimana corta. Senza però dire che, in Francia e Germania ad esempio, la scuola mette a disposizione dei ragazzi strutture e mense per andare incontro ad ogni loro esigenza. Cosa che non si può certo dire dell’Italia dove, se si ha fortuna come nel caso del Malpighi, esiste un bar a prezzi politici.

Anche nella mia famiglia abbiamo discusso il problema. E in molte delle famiglie del Liceo Scientifico Malpighi di Roma che, da quest’anno, fa parte dell’Istituto di Istruzione Superiore “Via Silvestri, 301” formato dal Malpighi stesso, Istituto Tecnico Commerciale e per Geometri “A. Ceccherelli” e dall’Istituto Tecnico Industriale “A. Volta”. Questo perché il collegio dei docenti dell’Istituto comprensivo Silvestri, nei giorni scorsi ha votato per la partenza della settimana corta con il nuovo anno scolastico. Dal lunedì al venerdì dalle 8 alle 14. Il sabato a casa.

Il nostro ragionamento di genitori è che nella scuola non si dovrebbe pensare solo a far quadrare i conti ma anche alla qualità della didattica. E sfido qualunque persona con senno ad affermare che la sesta ora dalle 13 alle 14 di matematica, latino o fisica non portino problemi di calo di attenzione nei ragazzi. Soprattutto in un liceo che ha poche ore di laboratorio e di materie tecniche. Per questo siamo contrari alla settimana corta. Questa è anche la posizione dei ragazzi del Liceo Malpighi che, in un referendum generale, hanno deciso (con l’85% dei voti) che preferiscono la settimana lunga. Lasciando le cose come stanno. Da quello che sappiamo anche la maggioranza dei docenti del Malpighi è favorevole a mantenere lo status quo.

E allora, come è nato il pasticcio? E’ nato dal fatto che la decisione è stata presa dal Collegio dei Docenti dell’Istituto comprensivo che, scusate il gioco di parole, comprende i docenti dei tre istituti insieme. Sta nella logica dei fatti che i docenti del Ceccherelli e del Volta abbiano votato per l’orario ridotto: è da anni che il loro Piano dell’Offerta Formativa lo prevede.

Io, purtroppo molti anni or sono, ho frequentato un Istituto Tecnico Chimico e per questo conosco bene la questione. Anche io facevo orari lunghi e, a volte, tornavo il pomeriggio. Ma solo per effettuare le ore tecniche o di laboratorio. Nessuno si è mai sognato di mettere una materia teorica e tosta alla sesta ora o al rientro dopo la breve pausa pranzo.

Tra l’altro sono proprio due circolari ministeriali (la C.M. n.268 del 1995 e la  lO.M. del 1998 n.277) che spiegano bene che nel caso di Istituto Comprensivo il Collegio di Docenti “viene convocato per sezioni quando siano da valutare problematiche specifiche di uno dei settori scolastici compresi nella nuova istituzione, ed in tal caso le relative deliberazioni hanno valenza circoscritta agli stessi ambiti settoriali, come, ad esempio, per la programmazione dell’azione formativa nonché per la connessa valutazione periodica volta a verificare l’efficacia dell’attività didattica in rapporto agli obiettivi programmati, per l’adozione dei libri di testo, per le iniziative di sperimentazione metodologica che siano limitate alle classi di un solo settore di istruzione” e che “ciascuna sezione viene convocata dal preside per pareri e deliberazioni relative a questioni e problematiche specifiche riferite alla singola sezione, che devono essere coerenti con il piano annuale delle attività formative dell’istituto”.

Non si spiega quindi chi e perché abbia deciso di portare ai voti la settimana corta al Collegio dei Docenti in plenaria e non solo alla sezione del Liceo Malpighi. Basta dare un’occhiata al Pof del Malpighi, per vedere come la settimana corta sia in netto contrasto con le linee delineate dai docenti.

Poi bisognerebbe capire come sia possibile, a Roma, gestire l’interconnessione tra trasporti pubblici e tre scuole con migliaia di alunni che contemporaneamente entrano alle 8 ed escono alle 14.

L’autonomia scolastica prevede libera scelta da parte delle istituzioni che, con piglio più manageriale che didattico, devono prendere queste decisioni. Sappiamo tutti che i decreti delegati ormai hanno perso tutta la loro spinta verso una scuola condivisa. Ma forse sentire e prendere in considerazione il parere degli studenti e dei genitori è una caratteristica che rende chi deve prendere le decisioni più lungimirante e meno proteso a rispondere agli ordini arrivati dall’alto. Che poi ci sarebbe da domandarsi quale alto. Visto che nel documento programmatico del governo La buona scuola, non c’è nessun accenno alla settimana ridotta.

Domani, alle 14.30, il Consiglio dell’Istituto di Istruzione Superiore “Via Silvestri, 301” dovrà decidere definitivamente. Noi saremo presenti numerosi e attenti.

La cosa che chiediamo, come genitori e alunni, è che non ci si veda costretti, dall’anno prossimo e rispettando l’autonomia di scelta delle famiglie, a cercare un altro Liceo Scientifico. Una scuola dove si prendono realmente in considerazione le esigenze didattiche dei ragazzi e non si cerca solo di far quadrare i conti. Conti che, tra l’altro, vengono fatti quadrare anche con il cosiddetto contributo interno di 100 € che ciascuna famiglia paga all’iscrizione.