La sentenza del giudice del Lavoro di Rimini nell’aprile del 2012 fece scalpore perché metteva in diretto collegamento il vaccino anti morbillo e l’autismo. Quel verdetto è stato annullato in appello: non ci sono nessi tra il vaccino trivalente e la sindrome di Kanner. La Corte di appello di Bologna ha ribaltato quella decisione che aveva riconosciuto il risarcimento ad una coppia romagnola: il figlio era stato vaccinato dalla Asl nel 2002. Il ministero della Salute era stato condannato a versare 200mila euro.
Alla base del verdetto di primo grado c’era anche un articolo comparso nel 1998 sulla rivista medica specialistica Lancet a firma del medico britannico Andrew Wakefield successivamente radiato dall’albo britannico (il Royal College of Physicians). Il medico sosteneva infatti che il vaccino contro la malattia infantile fosse causa di infezioni intestinali, a loro volta legate alla sindrome di Kanner e aveva pubblicato uno studio in cui esponeva diversi casi in cui insorgeva il legame. Il British Medical Journal aveva poi definito una “frode deliberata” le conclusioni del medico.
Un “falso scientifico” dunque, come lo aveva etichettato anche il pool di esperti, scontato sulla pelle dei piccoli pazienti: all’apparizione della teoria infatti, in diversi paesi, Gran Bretagna e Stati Uniti in testa, era seguito un forte e pericoloso calo delle vaccinazioni, “con la conseguenza in molti casi nefasta di un repentino aumento dei casi di morbillo e delle sue complicanze, inclusi numerosi casi di encefalite e di morte”.
Per i giudici di appello, secondo quanto riportato da Repubblica, non esistono evidenze scientifiche per stabilire che il vaccino provochi la sindrome, c’è solo un collegamento temporale, nel senso che l’iniezione che previene morbillo, parotite e rosolia arriva prima della diagnosi di autismo tra i 3 e i 6 anni. Il giudizio di secondo grado, con sentenza del 13 febbraio, è scattato per appello del ministero della Sanità, condannato a Rimini a pagare i danni da vaccino. In primo grado si era detto che in assenza di altre cause evidenti la malattia non poteva che essere dovuta al vaccino. Il consulente tecnico d’ufficio, nominato dalla Corte ha invece smontato questa tesi. L’avvocato della coppia romagnola, Luca Ventaloro, annuncia ricorso in Cassazione.