Nessuno switch-off della rete in rame. Per salvare il capitale di Telecom, il governo cancella l’unica misura che avrebbe aiutato il nostro Paese a colmare il divario nei confronti del resto del mondo. E dire che, per qualche ora, ci avevamo creduto davvero. Il progetto di forzare il passaggio alla fibra circolato sui media sembrava quasi una cosa seria. Invece niente da fare. Il dietro-front del governo cancella dall’agenda digitale il passaggio alla fibra attraverso l’intervento pubblico, propinando all’opinione pubblica le solite balle, a partire da quella ridicola distinzione tra “banda larga” e “banda ultra larga”. Un giochetto mediatico che vorrebbe spacciare l’Adsl a 30 Mb (la supposta banda larga) come qualcosa di accettabile e la fibra (banda ultra larga) come un “lusso” a cui puntare e che ha permesso al ministro Federica Guidi di dichiarare “lasciamo al mercato e agli operatori la scelta della tecnologia più efficiente”.
Qualcuno potrebbe spiegare al ministro Guidi (e al presidente del consiglio più “smart” d’Europa) che le cose non stanno così. L’Adsl è una tecnologia vecchia e inadeguata, che penalizza gli utenti soprattutto in fase di upload (l’invio di dati verso la rete) impedendo di utilizzare Internet in maniera adeguata ai tempi. A spiegarglielo potrebbero essere per esempio le aziende che nell’evoluta Lombardia (sigh) si trovano ad affrontare tempi biblici (un giorno o più) per la trasmissione di dati che con la fibra potrebbero essere inviati nel giro di un’ora scarsa. Dubito però che il ministro e il presidente del Consiglio abbiano bisogno di spiegazioni in merito. È solo che quando si tratta di scegliere tra l’innovazione del paese e gli interessi finanziari, stranamente finiscono sempre per scegliere i secondi.
Insomma: dopo tante parole a vuoto il governo Renzi si limita a mettere in campo i soliti incentivi lasciando ai privati (Telecom) il compito di portare avanti la cablatura decidendo tempi e modi. Un po’ come se si chiedesse a un petroliere di incentivare lo sviluppo dell’energia eolica. Risultato: i creditori di Telecom possono brindare allo scampato pericolo mentre 60 milioni di italiani possono continuare a impiccarsi al doppino di rame. Tutto, come sempre, in nome del “libero mercato”.