Dopo i casi Helg e Montante, la presidente della Commissione parlamentare solleva per la prima volta il tema dei controlli su chi si erge a paladino della legalità. "Evitiamo che a confiscare i beni siano gli stessi assegnatari"
“La Commissione antimafia farà un’indagine sul movimento antimafia“. E’ l’intento espresso oggi dal presidente della Commissione Rosy Bindi durante le audizioni del prefetto Maria Teresa Cucinotta e dei vertici delle forze dell’ordine e della Dia che si è svolta oggi a Caltanissetta.
Dopo gli scandali che hanno travolto personaggi in vista che per anni sono stati associati alla lotta per la legalità dove la mafia ha allungato i suoi tentacoli, la Bindi ha annunciato una svolta, perché “solo così l’antimafia può rappresentare un vero punto di riferimento” nella lotta alla criminalità organizzata.
A risollevare il tema è il caso Helg, solo ultimo in ordine di tempo, che da paladino della giustizia contro le estorsioni dei boss si è trovato in manette accusato di aver chiesto e intascato una tangente da centomila euro da un commerciante. Senza dimenticare i verbali di cinque collaboratori di giustizia che gettano ombra sulla carriera di Antonello Montante, presidente di Confindustria in Sicilia. Sul quale il presidente della Commissione assicura: “Approfondiremo. Per una lotta efficace alla mafia bisogna avere un’antimafia forte e trasparente”.
Quello per la giustizia e la legalità “deve essere un impegno per il bene comune e non per perseguire l’interesse di qualcuno in particolare – ha spiegato la Bindi – sarebbe opportuno evitare che nel Consiglio di amministrazione dell’Agenzia nazionale per la destinazione dei beni confiscati siedano personaggi che potrebbero essere tra gli assegnatari“. Un altro riferimento a Montante, membro dell’agenzia fino alle recenti dimissioni.