Cori e insulti razzisti e di intolleranza politica e religiosa in continuo aumento nelle curve del Vecchio Continente, dominate dai movimento neonazi e di ultradestra. Dalla Germania all'Est Europa alla Scandinavia, fino al calcio inglese, dove un'inchiesta ha fornito dati preoccupanti
Un vento di estrema destra soffia negli stadi di tutta Europa. Cori e striscioni razzisti, sessisti e intolleranti che si traducono in episodi di violenza fuori e dentro gli impianti sportivi. La conferma arriva dalla pubblicazione di un’inchiesta condotta dalla federcalcio inglese in collaborazione con Kick It Out: gli episodi discriminatori nella prima metà della stagione del calcio professionistico (agosto-dicembre) sono aumentati del 35% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno.
Dietro i cori razzisti nella metropolitana di Parigi dei tifosi del Chelsea, che poi impediscono a un ragazzo nero di salire sul convoglio prima del match di Champions con il Psg, episodio che si è ripetuto domenica sul treno che riportava alcuni tifosi dei Blues a Manchester dopo la vittoria in Coppa di Lega, il numero di episodi a sfondo discriminatorio in questa prima parte di campionato è di 184. Di cui 118 razzisti, 32 antisemiti, 15 omofobi, 13 sessisti e 7 relativi a disabilità fisiche. L’anno scorso erano “solo” 136. Mentre la stessa Kick It Out fa sapere che se nel conteggio si inseriscono anche le divisioni amatoriali il numero cresce fino a oltre 800. Proprio sabato scorso a Newcastle si è tenuta la prima manifestazione sul suolo inglese di Pegida, cui hanno partecipato diversi tifosi del Newcastle prima di andare allo stadio a vedere il match contro l’Aston Villa. Movimento di riferimento la Edl (English Defence League), partito l’Ukip di Nigel Farage che con il 27,5% ha stravinto alle scorse Europee.
La tedesca Pegida (Patriotische Europäer gegen die Islamisierung des Abendlandes, ovvero Patriotici Europei contro l’islamizzazione dell’Occidente) può essere presa a simbolo di questa strategica alleanza tra l’estrema destra e il tifo organizzato. Nata lo scorso ottobre a Dresda come movimento di cittadini indignati, ma subito caratterizzatasi per gli slogan e i vessilli neonazisti (il suo stesso fondatore Lutz Bachmann non disdegna di vestirsi come Hitler), Pegida affonda le proprie radici nei GnuHonnters (storpiatura dell’inglese New Hunters, i nuovi cacciatori) confederazione di 17 gruppi ultras tedeschi di estrema destra attivi già da diversi anni, una ventina almeno, principalmente a Brunswick, Dortmund, Düsseldorf e Francoforte. Oltre ovviamente a Dresda, città dove nasce Pegida e dove la fa da padrone il gruppo ultras Elbflorenz. Da Pegida ecco nascere la costola Cogida, stessa organizzazione con base a Colonia, e si ritorna alle curve.
Proprio a Colonia, infatti, a fine ottobre, poche settimane dopo la nascita di Pegida, scendono in campo gli Hogesa (Hooligans gegen Salafisten, ovvero Hooligan contro il Salafismo) che si caratterizzano subito come gruppo ultras cui lo stadio sta stretto e che vogliono agire in città. Con Hogesa si ritorna, facendolo uscire alla luce del sole, al vecchio GnuHonnters. E infatti si ritorna a Düsseldorf, Francoforte e soprattutto Dortmund dove il gruppo ultras Borussenfront, storica ala destra del tifo del Borussia Dortmund, la fa da padrone. Secondo il Verfassungsschutz, il servizio di intelligence interno, affiliati a Hogesa sarebbero circa 6mila persone sul territorio nazionale, di cui almeno 700 “orientati alla violenza”. Movimento di riferimento l’Npd (Nationaldemokratische Partei Deutschlands, neonazisti che nel 2014 sono riusciti a eleggere un deputato a Strasburgo), partito l’Afd (Alternative für Deutschland) ultraconservatori e antieuro passati dal 4% del 2013 al 7% alle scorse Europee.
Lo stesso discorso si può fare ovviamente per la recrudescenza neofascista nelle curve delle squadre dell’est europeo, legittimate dalla crescita dei partiti di riferimento: uno su tutti Jobbik in Ungheria passato dal 2,2% del 2006 al 20,3% del 2014. Se in Russia razzismo, omofobia e antisemitismo sono di casa nelle curve degli stadi, in Ucraina il conflitto ha visto aumentare esponenzialmente gli episodi di intolleranza. Dall’estremo ovest all’estremo est del paese, dai Banderstadt di Leopoli attraverso i White Boys di Kiev fino alla Donetsk Company di Donetsk, i collegamenti tra ultras e neonazismo sono saldi come non mai. Lo stesso nel nord Europa. E alla fine ci scappa il morto. A novembre in Spagna prima della partita tra Atletico Madrid e Deportivo La Coruna un’aggressione dei tifosi neofascisti del Frente Atletico ha ucciso Francisco José Romero Taboada, detto Jimmy, tifoso del gruppo di ultrasinistra dei Razor Blues.