L'editore dei periodici Vero, Top e Stop ha firmato un accordo con il sindacato che gli consente di presentarsi con le carte in regola dal giudice fallimentare. A mediare è stato Francesco Bonifazi, tesoriere del partito di cui il giornale è organo, che si è impegnato a coprire una parte dei costi. Ma i 10 milioni per l'affitto della testata non bastano per pagare tutti i creditori
Si salveranno in 25. Su 56 giornalisti della vecchia Unità dieci verranno riassorbiti a Roma nella nuova redazione dell’editore Guido Veneziani e altri sei verranno riassunti nella sede di Milano, tutti lavoreranno per rilanciare il quotidiano del Partito democratico che ha aperto l’iter per la liquidazione a metà dello scorso giugno e dal 1° agosto 2014 manca dalle edicole. I rimanenti nove saranno distribuiti come collaboratori fissi soprattutto su Bologna e Firenze, dove il quotidiano fondato da Antonio Gramsci aveva le sue uniche due sedi distaccate. Secondo questi termini è stato firmato martedì 3 marzo l’accordo tra il sindacato dei giornalisti e Veneziani, che pubblica i periodici Vero, Top e Stop, in modo da consentire all’imprenditore di presentarsi con le carte in regole, mercoledì 4 marzo, dal giudice fallimentare che aveva rimesso in forse la vendita ideata dal Pd chiedendo tra l’altro maggiori garanzie occupazionali.
Per Veneziani, che ha dichiarato di poter riavviare le pubblicazioni nel giro di un mese una volta avuto il via libera, il tempo stringe perché più settimane passano senza che vengano diffuse copie del giornale più perde valore il marchio Unità. Soprattutto si avvicina sempre di più il termine del 1° agosto 2015 quando, dopo un anno esatto di assenza, la testata potrà essere registrata nuovamente da un altro editore.
L’accordo di ieri è stato raggiunto sul filo di lana dopo che le posizioni di Veneziani e del sindacato sembravano inconciliabili sul numero di redattori da reimpiegare: il primo offriva 18 assunzioni o venti al massimo, i secondi erano risoluti a chiederne 25. Per dirimere la situazione è dovuto intervenire il tesoriere del Partito democratico Francesco Bonifazi, dopo che i giornalisti avevano dichiarato di voler andare incontro al fallimento piuttosto che avallare un accordo che avrebbe coinvolto solo una minima parte della redazione. E il fallimento era esattamente il rischio che fin dall’inizio ha voluto evitare Matteo Renzi, per non essere bollato come il segretario del Pd che ha chiuso il giornale organo del partito da 90 anni. Il risultato è stato, secondo quanto risulta a ilfattoquotidiano.it, che non solo Bonifazi ha dovuto mediare ma il Pd si è impegnato a coprire pure il costo dei quei cinque giornalisti che separavano le posizioni delle controparti.
Adesso, con l’accordo firmato, gioiscono i giornalisti ma anche altri creditori privilegiati della casa editrice del quotidiano Nuova iniziativa editoriale (Nie), perché con Veneziani arriveranno quei 10 milioni di euro pattuiti per prendere in affitto la testata, acquistarla definitivamente e soprattutto ridurre i debiti della Nie. Tuttavia i soldi non basteranno a soddisfare tutti i conti in sospeso della società, che ammontano a un totale di 30 milioni di euro. Nella lunga odissea dell’Unità la prossima sfida sarà trovare un nuovo direttore e costruire il nuovo posizionamento in edicola che Veneziani ha già detto più volte sarà quello di un “quotidiano popolare“.