Non è chiaro se il Piano per la banda ultralarga varato dal governo sia stato scritto all’insegna della neutralità tecnologica. Il documento pubblicato sul sito della Presidenza del Consiglio sembra risentire di evidenti riscritture e sul fronte della scelta tecnologica finisce col dire tutto e il contrario di tutto su come il governo intenda procedere concretamente.
Si parte dal presupposto che le reti in grado di offrire un servizio alla collettività con velocità di connessione intorno ai 100 Mbs, obiettivo prioritario del Governo nei confronti di almeno l’85% della popolazione, possano essere realizzate fondamentalmente attraverso due diverse architetture: il Fttb/H (Fiber to the Building/Home) e il Fttc (Fiber to the Cabinet).
Nel primo caso (Fttb/H) la fibra ottica arriva fino alla base dell’edificio (e da lì si connette con il verticale in rame già esistente nel palazzo) oppure fino all’interno della casa dell’utente.
Nel secondo caso (Fttc), la fibra ottica arriva fino all’armadio di strada e da lì si connette al doppino di rame per coprire l’ultimo tratto che arriva alla casa dell’utente.
Rispetto a queste due architetture, ciò che vorrebbe far credere il governo è di aver adottato un approccio pragmatico e tecnologicamente “neutro”, per cui, una volta stabiliti gli obiettivi in termini di velocità delle nuove reti e di copertura della popolazione interessata, si lascerebbe al mercato la scelta delle tecnologie più efficienti e adeguate da adottare.
Le cose non stanno proprio così perché, se si legge con attenzione il documento, ci si accorge che per indurre gli utenti alla migrazione verso la nuova rete in fibra ottica saranno previsti dei sussidi il cui importo sarà differenziato in relazione all’architettura di rete sottostante.
Questo significa una cosa sola: che potranno essere previsti sussidi più bassi o più alti a seconda della scelta tecnologica adottata e poco importa se molti utenti non riusciranno a connettersi anche e solo per motivi condominiali, perché portare la fibra fino a casa non è solo un costo, ma anche una cosa complicata da far accettare alla gente. In questo senso l’approccio adottato dal governo non sembra essere molto neutrale.
In altre pagine del documento, il Piano fa addirittura riferimento a una architettura “specifica” dicendo cose che si contraddicono, evidenziando da un lato che “l’infrastruttura di riferimento adottata è tecnologicamente neutra, non favorisce né esclude alcuna tecnologia o piattaforma che gli operatori vogliano implementare avvalendosi delle soluzioni tecnologiche che ritengono più adeguate”, ma anche ‘un’architettura di riferimento fiber-to-the building’ e cioè la fiber-to-the home “tale da permettere l’accesso wholesale disaggregato a tutti gli operatori”.
Anche in questo caso la libertà di scelta non appare chiara, perché non è chiaro il principio di neutralità tecnologica cui il governo fa riferimento.
La vera partita è rinviata ai prossimi provvedimenti e innanzitutto all’emanazione del decreto attuativo del cosiddetto “Sblocca-Italia” dove saranno previsti consistenti sgravi fiscali per gli interventi di realizzazione della banda ultralarga. Solo allora capiremo se si potrà parlare realmente di neutralità della rete.