Il 7, 8 e 9 marzo prossimo il collettivo Stradivari organizza la quinta edizione della rassegna alle Artificerie Almagià: si potranno scoprire decine di case editrici in piena attività ma che vivono in un mercato parallelo rispetto a quello commerciale
Nessun rogo collettivo da fine del mondo come nell’omonimo romanzo di Ray Bradbury, bensì una ricognizione attorno al graphic design, cioè al rapporto materico, quasi fisico, tra chi dei libri, siano essi saggi o romanzi, ne compone la grafica e chi li scrive con parole, disegni, fotografie. Il collettivo Stradivari il 7, 8 e 9 marzo prossimo organizza la quinta edizione di Fahrenheit 39 a Ravenna. Così alle Artificerie Almagià si potranno scoprire decine di case editrici in piena attività ma che vivono in un mercato parallelo rispetto a quello commerciale fatto di Mondadori come di Sellerio, di Einaudi come di Fernandel. Qualche esempio italiano per gradire: Roma Publications, Humboldt Books, Osservatorio Fotografico.
“Per noi la forma è contenuto”, spiega al fattoquotidiano.it il direttore artistico del festival Emilio Macchia. “La relazione tra i due aspetti, forma e contenuto, non è soltanto teorica – prosegue – ma è talmente forte in questo campo editoriale che oramai il grafico designer del libro lavora a stretto contatto con l’autore e talvolta si confonde”. Per chi non avesse ancora capito di cosa stiamo parlando con un’occhiata ai link web delle case editrici capirà subito; per chi invece vuole andare alla base del ragionamento, e del settore, il suggerimento arriva direttamente dalla direzione artistica del festival: “Cent mille milliards de poèmes” di Raymond Queneau (1961) o “Un coup de dés jamais n’abolira le hasard” (1897) di André Mallarmé. Il primo definito un testo di “letteratura combinatoria” con tanto di pagine tagliate a linguette per una possibile personalissima composizione dei versi; il secondo con addirittura il frontespizio che si introduce proditoriamente dentro alle pagine del libro.
“L’oggetto libro. La carta. La manifattura. Il pezzo unico. Le pagine che possiamo toccare. In un’era in cui la tecnologia digitale, la replicabilità immediata e la fruizione compulsiva e distratta ci stanno sempre più allontanando dai ritmi naturali e dalla riflessione, l’idea di dedicare un festival alla ricerca e al design nell’editoria sembra quasi un’eresia, un’idea fuori del tempo”, spiegano gli organizzatori. “Eppure Fahrenheit 39 è apparso fin dalla sua prima edizione come un evento importante, necessario, proprio per la sua funzione di “custode” della più importante facoltà umana, la creatività”. Ecco allora che la battaglia di retroguardia di un mondo editoriale, fiorente e parallelo (“siamo centinaia, ma il problema più grande continua ad essere la distribuzione, anche se questo essere fuori mercato concede totale libertà creativa”), sembra echeggiare uno scontro tra nuove tecnologie e antiche tipografie “Gutenberghiane” con quintali di inchiostro che cola tutt’attorno: “Siamo consapevoli dell’avanzamento tecnologico, non lo disdegniamo e lo teniamo in considerazione, ma ciò che ci interessa di questa innovazione è la sua rimediazione, cioè come guarda al passato”, aggiunge Macchia. “Pensate al rumore finto sugli ebook della pagina che viene girata. E’ palesemente osceno. Curioso no, che s’innova richiamandosi ad un rumore tradizionale che fa la carta? E poi volete mettere il feticismo per i libri di carta? La bellezza di quando s’impolverano e talvolta accumulandone a centinaia quasi ostruisci gli spostamenti nella tua stanza?”. La tre giorni è gratuita ed aperta a tutti, con decine di banchetti per la vendita spesso di pezzi rari e con diversi incontri con i più importanti rappresentanti del graphic design e della loro idea di libro. Ogni informazione si trova, comunque, sul sito web.