Non si possono assicurare esiti positivi per la gestione e la qualità dei servizi ai pendolari emiliano romagnoli, se non ci sono concorrenti ed il bando non sviluppa la necessaria partecipazione. Non basta poi se le “misure” della gara sembrano cucite addosso all’unico concorrente. E’ così che si è inceppato un bando di gara che sembrava sostenere meccanismi competitivi, ma alla prova dei fatti ha riproposto il modello monopolista, costoso ed inefficiente di questi ultimi anni. La Regione ha partecipato con la sua azienda regionale (Tper), nata dal fallimentare federalismo italiano dei trasporti (sul modello catastrofico di Trenord, alti costi, diseconomie di scala e caos gestionale). Con quote diverse, la società unica comprende la presenza dello Stato con Trenitalia, della Regione con FER e molti Comuni e Provincie emiliano romagnole. Vengono così mescolate le funzioni gestionali con quelle programmatorie e di sussidio pubblico, rendendo impossibile individuare le diverse responsabilità. Il bando ha alla base un vistoso conflitto di interessi (l’arbitro, la regione Emilia Romagna è al tempo stesso il concorrente), mandando così un chiaro segnale ai potenziali concorrenti che il banditore non vuole intrusi. Infatti le ferrovie tedesche le DB ,che avevano manifestato interesse, sono state poi alla finestra.
La durata della concessione di 22 anni e sei mesi è in contrasto con quella media dei paesi del nord-Europa, normalmente tra i 6 e i 15 anni. Troppo lungo il periodo,visto che c’è il rischio di dare la concessione ad un vettore che si può adagiare e diventare inadeguato nel tempo. Tra i requisiti richiesti per partecipare alla gara c’era anche l’obbligo di realizzare un’unica società di gestione, che ricorda molto il gestore attuale, il Consorzio, nato dalla FER e da Trenitalia. Manco a dirlo la settimana scorsa ha vinto la gara l’unico partecipante (il consorzio composto da Regione, Tranitalia ed enti locali).
Ora il vincitore punta anche al rialzo del 9% della base d’asta. Più che una opportunità per migliorare la qualità dei servizi a fronte di un corrispettivo maggiore, appare come un ricatto alla stazione appaltante (la regione) che ora è costretta ad accettare, perché senza alternative. Ecco perché il diavolo, anche stavolta, ha fatto le pentole ma non i coperchi.
Le eccessive dimensioni dell’intero bacino regionale non sono state le più idonee per una “partecipata” competizione di compagnie ferroviarie. Erano preferibili almeno tre lotti. Nonostante il bacino comprendesse tutta la regione ,ci si è dimenticati dei 30 km della tratta Piacenza Cremona, chiusa al traffico, ma perfettamente funzionante e priva di passaggi a livello. L’obiettivo della piena integrazione tariffaria è stato uno specchietto per le allodole, poiché, per realizzarla, non serve un gestore unico, ma un programmatore serio che la imponga ai diversi gestori del servizio, anche attraverso un’autority tariffaria. Va ricordato che in tutto il vecchio continente le politiche tariffarie sono integrate (una delle condizioni poste nel bando), anche se sono diversi i gestori del servizio di una stessa regione.