Sul manifesto, a proposito dell’espulsione dal Brasile del terrorista Cesare Battisti, Andrea Colombo scrive: “Quel che rende assurda l’ossessione italiana per l’ex detenuto diventato scrittore di successo è l’assenza di qualsiasi pericolosità sociale. Battisti ha cambiato vita, ha pagato i suoi crimini con anni di galera e con una vita spesa a fuggire da un paese all’altro. Potrebbe bastare. Dovrebbe bastare”.
Il problema è che su Battisti pende non “un’assurda ossessione”, bensì una condanna definitiva all’ergastolo per quattro omicidi.
Ma se anche una giustizia immaginaria inviasse a Battisti un messaggio del tipo: “Tutto perdonato, sei un grande scrittore, ritorna pure tranquillo”, resterebbe un quesito: e le vittime? Se sia vero che Battisti ha già “pagato i suoi crimini”, fuggendo da un paese all’altro, potremmo chiederlo ad Alberto Torregiani che, da 34 anni, vive paralizzato per un colpo sparato durante la rapina alla gioielleria di famiglia che costò la vita a suo padre Pierluigi e a un cliente e per cui Battisti fu condannato come organizzatore.
Mettiamo che l’opinione di Torregiani non sia sufficientemente serena, si potrebbero interpellare allora i detenuti del carcere di Rebibbia. Un gruppo dei quali, grazie all’associazione Antigone, ha periodici incontri con i giornalisti, compreso chi scrive. Condannati a lunghe pene e anch’essi dotati del dono della scrittura, ma di cui nessuno sa niente. Chiediamoglielo se, per il fuggitivo di successo Cesare Battisti, può bastare così.
Stoccata e Fuga – Il Fatto Quotidiano, 5 Marzo 2015