Dopo venti giorni senza toccare cibo, ovvero quattrocentottanta ore senza alimentarsi cioè ventottomila e ottocento minuti senza ingerire sostanze nutritive, Maurizio Bolognetti, segretario dei Radicali Lucani, ha sospeso lo sciopero della fame ad oltranza che aveva intrapreso come protesta non violenta per chiedere, ai vertici della Regione Basilicata, il rispetto del Codice dell’ambiente, della Convenzione di Aarhus, delle direttive UE e delle leggi che sanciscono il diritto di ogni cittadino ad accedere alle informazioni ambientali.
Un incontro in Regione ha scongiurato il prosieguo della protesta dell’esponente Radicale – molto provato – che ha ritenuto di sospenderlo di fronte ad impegni precisi assunti dall’istituzione ma pronto e fermo a ricominciare laddove si dovessero ravvisare trucchetti ed i soliti giochi delle tre carte. Insomma, tra qualche settimana si capirà se sono solo chiacchiere o atti istituzionali formali quelli che si appresterà a compiere il governo della Regione. Quella di Bolognetti è una battaglia sacrosanta – è dimagrito ben 8 chili da 80 a 72 e 200 come annota il medico Felicetta Gesualdi con tanto di certificati periodici- condotta con intransigenza e piglio energico non contro qualcuno ma a favore del diritto dei lucani di essere informati con dati e documenti consultabili e di facile accesso sul rispetto del diritto alla salute e dell’ambiente.
La materia è incandescente. Scandali, omissioni, collusioni, traffici illeciti, inquinamento indiscriminato, sversamento abusivo di sostanze tossiche, rifiuti derivanti dall’estrazione del petrolio hanno negli anni, con la complicità colpevole di chi doveva vigilare e controllare e consapevolmente non l’ha fatto, trasformato ampie zone del territorio lucano in “terre di nessuno”. La situazione è allarmante ma potrebbe diventare ben presto tragica come tra l’altro è emerso chiaramente nella trasmissione di Raitre “Presadiretta” con il reportage “Sblocca Italia” andato in onda domenica 22 febbraio.
Al centro del documentario, la scommessa del governo Renzi di raddoppiare l’estrazione di gas e di petrolio per produrre nuova ricchezza e nuovi posti di lavoro nel Sud Italia. La nuova legge – a cui la Regione Basilicata a differenza di altri Enti locali non ha presentato ricorso alla Corte Costituzionale- garantisce autorizzazioni alle trivellazioni più veloci e più facili adottando ed eseguendo decisioni centralizzate anche senza ascoltare e consultare né le amministrazioni locali né le popolazioni.
A conti fatti con una stima al ribasso ben il 70 per cento del territorio della Basilicata sarà coperto da estrazioni petrolifere con l’inevitabile raddoppio dei barili giornalieri estratti. Dietro il paravento della pubblica utilità – insomma – si nascondono comitati d’affari dove politica, imprenditori, gruppi industriali, notabili locali in modo trasversale sono pronti – forte di una legge che sembra scritta da loro e dai petrolieri– a devastare un territorio già pesantemente deturpato da trivellazioni e insediamenti dell’industria della raffinazione fuori controllo.
Gli affari sono affari. Qui chi ricopre un ruolo istituzionale sembra vestire i panni dell’amministratore delegato delle petrolobby. Appunto. Nel frattempo cosa fa l’attuale presidente della Regione Basilicata, Marcello Pittella? Nicchia, getta acqua sul fuoco, si crogiola su presunte vittorie politiche in termini di ulteriori benefici economici e di sviluppo che avrà la popolazione lucana con lo “Sblocca Italia” e non senza difficoltà tenta sornione di ammansire la popolazione e parare i colpi delle sempre più dure contestazioni dei comitati e associazioni.
Tornando al reportage andato in onda su Raitre lo stesso Bolognetti, Pietro Dommarco, coordinatore di Ola (organizzazione lucana ambientalista), la professoressa Albina Colella dell’Universitá della Basilicata – insieme ad amministratori, medici, agricoltori e cittadini – hanno documentato – come le istituzioni lucane – fra tutte l’Arpab – non abbiano mai fatto il proprio dovere. C’è da mettersi le mani nei capelli. Nella maggior parte dei casi si tratta di strutture inadeguate affollate da personale impreparato e collocato cencellianamente da una lottizzazione partitocratica che in terra lucana è una consolidata pratica di potere e di controllo del territorio.
La protesta indignata del segretario dei Radicali lucani sostenuto da diversi comitati e associazioni che al riguardo hanno lanciato anche una raccolta firme ha puntato proprio al ripristino dei servizi minimi che le istituzioni devono garantire ai cittadini come il funzionamento del Catasto rifiuti (art.189, Codice dell’Ambiente), l’istituzione dell’anagrafe dei siti da bonificare (art. 251, Codice dell’Ambiente) e il rispetto della Convenzione di Aarhus, delle direttive e leggi che sanciscono il diritto di ogni cittadino ad accedere alle informazioni ambientali. E se si alza troppo la voce e si fa rumore preoccupati per l’aumento dell’inquinamento e della diffusione di neoplasie ecco che prima o poi partono strane ritorsioni. E’ il caso di un articolo pubblicato sul “Il Foglio” da parte di Federico Pirro, docente di Storia dell’Industria all’Università di Bari – Centro studi Confindustria Puglia che con una dura invettiva nel suo scritto ha auspicato il ritorno dei lucani ad essere “pecorai e morti di fame”, se l’estremismo ecologista, inducesse l’Eni ad andarsene dall’Italia e dalla Basilicata.
Ma il fatto singolare e che alle giuste e sentite proteste dei residenti della Basilicata per l’offese subite invece di scusarsi Pirro oppure la testata giornalistica è stato invece Giuseppe Tannoia, – Direttore attività Italia e Europa dell’Eni che con una nota ufficiale rivolgendosi ai cittadini lucani fa sapere che : “…Le parole offensive nei vostri confronti colpiscono anche me…Tutti noi di Eni operiamo in Basilicata, grazie all’impegno e alla professionalità di centinaia di lavoratori lucani. E continueremo a farlo, nel pieno rispetto della sicurezza, della salute, dell’ambiente. Ma, prima di ogni altra cosa, rispettando la dignità delle persone, i valori umani di cui ognuno di noi è portatore, e la storia dei territori in cui operiamo”. Un fatto strano che ha incuriosito lo scrittore Pino Aprile che in un post si chiede : “Il foglio scrive, l’Eni si scusa, perchè?”.
Il clima lucano è irrespirabile, c’è una cappa d’interessi e giochi sotterranei che mortifica la vita di intere comunità. Ecco perchè la protesta di Bolognetti rappresenta una luce di speranza, un modo concreto di sciogliere i ghiacciai del potere e mettere sott’accusa una classe politica che somiglia sempre di più a un regime feudale per dirla al doroteismo Pd.
@arnaldcapezzuto