Dopo le promesse e una consultazione online, il testo deve ancora vedere la luce. La denuncia arriva dall'associazione DiRe. Che va all'attacco: "Gravi inadempienze dall'esecutivo"
Annunci in pompa magna, promesse di impegno e perfino una consultazione online per sottoporre alla rete le linee guida del nuovo Piano nazionale contro la violenza sulle donne. “Sarà operativo entro gennaio 2015”, aveva assicurato per conto del governo non più tardi di novembre scorso Giovanna Martelli, consigliera del presidente del Consiglio Matteo Renzi per le Pari opportunità. Ma alla vigilia della festa dell’8 marzo, delle attese misure non c’è ancora traccia. Lo denuncia l’Associazione nazionale Donne in rete contro la violenza (DiRe), presieduta da Titti Carrano, puntando il dito contro «le gravi inadempienze del governo Renzi di fronte al tema dell’affermazione dei diritti delle donne».
PROMESSE DISATTESE – Inadempienze che riguardano non solo la scadenza disattesa. «Siamo da oltre un anno in attesa del Piano Nazionale contro la violenza alle donne, siamo da ben oltre un anno senza una interlocuzione ministeriale – spiegano dalla DiRe –. Il ministero dei diritti delle donne, ministero per le Pari opportunità non esiste, né tanto meno altra delega è stata assegnata». Risultato: «Ruoli e funzioni confusi non aiutano ad affrontare un tema centrale per il Paese». Secondo l’associazione impegnata con i suoi oltre 70 centri nella prevenzione e nel contrasto della violenza sulle donne anche «le consultazioni in rete, proposte e condotte dal governo Renzi dal 10 dicembre al 10 gennaio, per presunti indici di gradimento su un Piano Nazionale che ancora non vede la luce» non sono servite ad altro che ad alzare «polvere senza spostare niente». Tra «fondi che rimbalzano dal governo alle regioni» e che «spesso tornano indietro per inedia e mancanza di progettualità sul tema». O, peggio, finiscono «in nuovi centri che sorgono in odore di finanziamenti», definiti senza mezzi termini da DiRe veri e propri serbatoi elettorali che «vengono alimentati per future elezioni».
FONDI AGLI SGOCCIOLI – Il tutto mentre si assiste, accusa l’associazione guidata dalla Carrano, ad «un taglio netto dei fondi ai centri che mina la continuità del servizio politico svolto da oltre un ventennio». Spesso «con l’istituzionalizzazione e la vorace azione di enti locali che risucchiano i saperi e le esperienze maturate dai centri per appropriarsene e rendere servizi neutri». Insomma, per la DiRe sarà una festa della donna amara. Un 8 marzo in cui non c’è nulla da festeggiare se non la «banalizzazione della violenza alle donne che rischia di rendere vana e mortificare la sottoscrizione della Convenzione di Istanbul e di disattendere tutte le sollecitazioni che l’Italia ha ricevuto sul tema». E pensare che il 25 novembre, giorno dell’ultimo impegno del governo a rendere operativo il piano entro gennaio, il ministro Maria Elena Boschi aveva definito la violenza sulle donne «un crimine contro l’umanità» ricordando che «ancora oggi circa 7 donne su 10 subiscono violenza fisica e sessuale e che 600 milioni di donne vivono in paesi che non lo considera un reato». Per questo, ricordava, l’Italia «è stato uno dei primi paesi ad aver aderito alla Convenzione di Istanbul».
PAROLE PAROLE – Gli stanziamenti previsti dal Piano nazionale avrebbero dato una mano a passare dalle parole ai fatti: 10 milioni per il 2014 e 10 per il 2015, oltre ai fondi previsti per il potenziamento dei centri anti violenza e delle case rifugio altri 10 milioni per il 2015 e 10 per il 2016 da sommare ai 17 milioni già stanziati per il 2013 e il 2014. Fondi che, suggerisce la DiRe, avrebbero aiutato ad affrontare l’emergenza della violenza sulle donne non più «come imprevisto casuale ed occasionale», ma con un’«azione di sistema programmata». Piano nazionale permettendo.
Twitter: @Antonio_Pitoni