Un tesoretto di oltre 300 milioni di euro dovrebbe servire ad aiutare i cittadini vittime dei raggiri di aziende truffaldine e favorire la risoluzione gratuita delle controversie. Invece nel 2014 il 99,4% della somma che deriva dalle multe dell'autorità per la concorrenza ha avuto una destinazione diversa da quella stabilita
Un salvadanaio da 309 milioni di euro. Da usare per i consumatori o per assistere i cittadini contro gli abusi delle aziende; garantire la bontà dei prodotti e proteggerli dalle contraffazioni alimentari o ancora salvare il Made in Italy saccheggiato in tutto il mondo. Obiettivi ambiziosi. Invece il governo cosa fa? Usa il fondo ricavato dalle multe comminate dall’Antitrust in modo completamente diverso: per esempio, ci finanzia la nautica da diporto e ci risarcisce i cittadini ingiustamente detenuti. Nobili scopi, per carità, ma che andrebbero sostenuti con altri capitoli di spesa, magari quelli più adatti tra i tanti presenti nel bilancio dello Stato. La denuncia arriva da Walter Rizzetto, deputato di Alternativa Libera: “In molti casi non si sa nemmeno dove finiscano questi soldi”, spiega a ilfattoquotidiano.it il parlamentare ex Movimento 5 Stelle. E non è il solo ad alzare la voce. “Così vanno le cose, purtroppo”, attacca il segretario dell’Unione nazionale consumatori, Massimiliano Dona: “Intanto i consumatori sono costretti ad aspettare mesi per il rimborso di una bolletta telefonica addebitata ingiustamente”.
Tesoretto scomparso
Il Fondo multe Antitrust è stato istituito dalla Finanziaria del 2001. Il suo compito è quello di sostenere interventi a tutela dei consumatori. Ma soprattutto permettere la conciliazione. Si tratta di una procedura particolarmente utile per garantire la risoluzione gratuita delle controversie tra le aziende e i cittadini danneggiati da comportamenti illegali delle stesse. Nel 2014 il 99,4% del Fondo, pari a 307 milioni sul totale di 309, ha avuto una destinazione diversa rispetto a quella stabilita. E nel conto della spesa svariate sono le voci estranee agli interessi dei consumatori. Tra le altre, il finanziamento dei crediti della Pubblica amministrazione e il pagamento delle supplenze del personale scolastico. “Nel 2014 abbiamo toccato il punto di massimo saccheggio del fondo, la situazione non è più tollerabile”, attacca Dona. Ma c’è un altro aspetto grave nella vicenda: “I 309 milioni di euro non sono risorse di finanza pubblica, ma il ricavato di sanzioni irrogate a imprese private che hanno in vario modo frodato i consumatori”, spiega Rizzetto: “Per questo ci troviamo di fronte a un prelievo ingiustificabile”.
Non solo emergenza
Tra gli impieghi impropri, qualcuno viene persino considerato tollerabile dai critici dell’andazzo. Per esempio i prelievi operati sul tesoretto dei consumatori per far fronte a spese di emergenza, come l’alluvione in Sardegna del 2013. Ma anche qui con un distinguo: “Certo, di fronte al finanziamento delle calamità non abbiamo nulla da eccepire”, spiega Dona: “Solo che, dopo aver preso i soldi per questi imprevisti, lo Stato dovrebbe ricordarsi di restituirli”. Contrariato anche Rizzetto: “Tra la destinazione dei fondi c’è per esempio la ricostruzione post-terremoto in Abruzzo, argomento di grande importanza, non c’è bisogno di dirlo”, aggiunge il parlamentare: “Ma cosa c’entra tutto questo con le multe dell’Antitrust?” I conti dunque non tornano: l’esecutivo si prende troppe libertà. Con una licenza ulteriore: saccheggia il Fondo senza ascoltare le commissioni parlamentari competenti in materia, come imporrebbe la legge. Un modo di procedere che provoca ulteriore stizza in Rizzetto, secondo il quale vengono così calpestate anche le più elementari formalità. Con i consumatori prima beffati dalle aziende truffaldine e poi mazziati dallo Stato.