Si è dato recentemente un certo risalto al ‘Meritometro‘ indice del (carente?) livello di meritocrazia del paese: anche su questo giornale è apparso un commento in merito. Il meritometro, presunto strumento di misura della meritocrazia, è in modo molto evidente una bufala politica: una bugia volta a manipolare un’opinione pubblica già orientata nel senso giusto, che non desidera altro che essere confermata nel suo pregiudizio. Smascherare le bufale è un’opera culturale importante, perché sono socialmente pericolose. Diamo quindi un’occhiata al concetto della “Meritocrazia”e al meritometro.
Il termine meritocrazia compare nel lessico internazionale nel 1958 nel romanzo umoristico dell’inglese Michael Young ‘The Rise of Meritocracy‘. Il romanzo dimostrava l’assurdità dell’ipotesi che fosse possibile e desiderabile perseguire il ‘Merito’ in assoluto. Senza entrare nei dettagli (è possibile acquistare il libro on line ed è piuttosto gustoso), è evidente che perseguire il merito è possibile solo nel corso del reclutamento o della progressione di carriera o nelle operazioni di finanziamento di iniziative e individui. Anche all’interno di questi ambiti limitati, il merito è solo uno dei parametri rilevanti alle decisioni politiche: il reclutamento, ad esempio, deve rispettare i fabbisogni (troppo spesso la meritocrazia è stata usata strumentalmente come argomento per ridurre il reclutamento al di sotto del fabbisogno), deve essere frutto di programmazione, etc.: la valutazione meritocratica dei candidati è l’ultimo passo di un iter complesso, che nel paese è spesso mancato in toto. Ammesso che i requisiti preliminari siano soddisfatti: qualcuno ritiene che misurare il merito dei candidati sia facile? Qualcuno ritene che la distinzione buoni-cattivi sia netta e anequivoca?
Il meritometro, lo strumento di misura del livello di meritocrazia in Italia (e altrove), è stato sviluppato da un autonominato “Forum della Meritocrazia” che si appoggia apparentemente al Sole 24 Ore e all’imprenditoria italiana e si basa sull’assunto che la meritocrazia possa essere stimata attraverso i seguenti indicatori: libertà (di mercato; di impresa; etc.); pari opportunità; qualità del sistema educativo; attrattività per i talenti (stranieri); regole; trasparenza (basso livello di corruzione); mobilità.
La connessione tra gli indicatori scelti e la meritocrazia è evidentemente dubbia. Ciò che comunemente si dovrebbe intendere per meritocrazia è che in un evento di reclutamento le procedure selettive facciano vincere i candidati meritevoli. Certo questo non è facile da misurare, ma una stima ovvia dell’efficacia delle procedure di reclutamento adottate da un paese è la qualità dei servizi che vengono offerti al cittadino in relazione al loro costo. Ad esempio il Servizio Sanitario Nazionale italiano risulta ai primissimi posti nel mondo, sebbene costi il 25% in meno che in Francia o in Germania, e sarebbe interessante che gli esperti del Forum della Meritocrazia spiegassero come mai paesi ritenuti più meritocratici di noi ottengano risultati pari o inferiori con costi superiori. Lo stesso discorso si potrebbe fare per la ricerca.
Sarebbe molto interessante studiare dov’è che l’Italia va male rispetto ai paesi confinanti: ovvero cosa in Italia costa troppo e funziona male. Se sanità, ricerca e istruzione costano meno che nel resto d’Europa e ricevono valutazioni positive, abbiamo però sempre sentito dire che gli italiani pagano il doppio dei francesi o dei tedeschi un km di autostrada o di ferrovia. Purtroppo io non sono riuscito a trovare un dato affidabile su questo. Un punto dovrebbe comunque essere chiaro: dove la meritocrazia scarseggia (e la corruzione abbonda) l’efficienza del sistema dovrebbe diminuire; ergo la scarsa meritocrazia va cercata laddove il sistema costa troppo e funziona male, non dove c’è poca mobilità o poca libertà di impresa.