Aqsa, Shamina, Kadiza, Amira, Umm, ma anche l'italiana Maria Fatima di Torre del Greco: sono alcune delle giovani donne partite dei Paesi occidentali per raggiungere l'Iraq o la Siria e unirsi allo Stato Islamico. Nate in famiglie musulmane, come le loro coetanee ascoltano gli Onedirection o i Coldplay, leggono Harry Potter e sui social network discutono di come si cucinano i pancake. Ma a un certo punto della loro vita sviluppano "un'avversione per società che non incoraggiano la riproduzione e invece accettano le unioni omosessuali, che si dichiarano democratiche ma che sono islamofobiche", spiega Mia Bloom, docente dell’University of Massachussetts Lowell
Chissà cosa in fondo cercavano e cosa in fondo hanno trovato, tutte queste adolescenti occidentali oggi spose (muhajiarat) dei foreign fighter di Isis, ragazze che non hanno mai avuto tatuata la guerra sulla pelle e sognavano un mondo più giusto, senza bombardamenti e massacri di civili, all’ombra dei giardinetti di Cardiff. Se non ce lo diranno mai con un libro che diventerà l’istant book del prossimo anno, visto che nessuna di loro può ritornare indietro (come insegna la vicenda di due ragazze austriache), sono ben capaci di farlo adesso via social.
“Sto facendo i pancakes – dice via twitter una giovane donna dell’Isis a due amiche inglesi – e ho la Nutella, tra poco sono pronti”. Le altre rispondono, con emoticon e slang: “Vengo e li finisco io, ahhaha”. “Ehi, lo sai che ci tengo, non me li fregare”. Conversazioni da college a colazione, fatto salvo che arrivano dai territori del nuovo califfato. Le ragazze che si divertono oggi in una cucina di Raqqa sono le stesse che all’inizio del loro percorso hanno utilizzato Ask.fm, il social più amato dalla comunità dei teenager globale per scambiarsi informazioni, sogni, promesse, sesso virtuale e danaro. E, da qualche tempo, anche un viaggio in Siria senza biglietto di ritorno. Baby2, infatti, ci prova. Fa sapere di non avere soldi e di non poter chiedere prestiti perché “sono troppo giovane”. Poi lancia alla comunità virtuale Ask, la domanda: “Qualcuno mi può aiutare?” E riceve la risposta criptica e prudenziale ma rapida dai sedicenti jihaddisti: “Manda un messaggio in privato”. Non sappiamo se Baby2 andrà in Siria. Ma, banalmente, le piacciono gli Onedirection e ha una certa passione per la saga urban fantasy “Shadow hunters”; parla spesso di ingiustizie ma ama la geografia politica e sembra coltivare un idealismo ingenuo, elementare. Ci dice: “Da anni sogno un uomo che possa essere un eroe”.
Oggi, Umm Layth è una Mulan (una principessa, nel senso di sposa islamica) perfetta. Dal suo Tumblr spiega alle aspiranti muhajiarat di che tipo di abbigliamento dotarsi e quali precauzioni mediche prendere (“Per l’inverno hai bisogno di un paio di stivali”; “fai tante visite e vaccinazioni prima di partire”) e cosa le aspiranti spose troveranno nel loro futuro a Raqqa, la città siriana dove Umm Layth vive (“La verità è che vivere qui senza un uomo è davvero difficile”) . Su Twitter, invece, incoraggia i musulmani occidentali ad attacchi mirati (“segui gli esempi di Woolwich, Texas e Boston: ma se non puoi contribuire sul campo di battaglia, porta la battaglia dentro di te”).
Aqsa-Umm Layth è salita agli onori delle cronache soprattutto dopo la scomparsa di altre tre adolescenti britanniche, Shamima Begum (15 anni), Kadiza Sultana (16) e Amira Abase 15) allontanatesi da casa il 17 febbraio scorso per transitare in Siria, passando dalla Turchia. La ricostruzione dei fatti bè stata portata a termine dalla Metropolitan Police britannica che ha ottenuto un paio di immagini identificative, una all’aeroporto Gatwick di Londra, l’altra delle tre in attesa di un autobus al confine tra Turchia e Siria. Secondo un ufficiale dello stesso organo di polizia, Shamim, avrebbe inviato il 15 febbraio scorso, due giorni prima della partenza, un messaggio via Twitter a una donna (“Ricordami nella tua du’aa, nelle tue preghiere”), poi identificata con la Mahmood.
Le tre ragazze sono descritte dalla famiglia e dai compagni di scuola, la Bethnal Green Academy di Londra Est, come allieve modello, studiose, attive, piene di idee. Delle tre, Kadiza sembra essere quella più concretamente immersa nel “mondo Isis”: sul suo profilo Twitter s
Questo spiega perché una giovane quindicenne francese partita di nascosto per il jihad in Siria nel 2012 abbia potuto dire a una madre “sei troppo materialista. Tutto quello che t’importa è trovare tua figlia. Sappi che non sono più tua figlia. Appartengo a Dio. Non tornerò mai nella terra dei miscredenti. Se anche il tuo governo di miscredenti mi venisse a cercare con un esercito, noi li giustizieremmo fino all’ultimo perché la Verità vincerà, non abbiamo paura di nulla. Noi amiamo la morte più di quanto voi amiate la vita”. Lei, una delle protagoniste del secondo lavoro di ricerca di Dounia Bouzar, sociologa francese autrice del volume Ils cherchent le paradis, ils ont trouvé l’enfer, (Les Editions de l’Atelier, Ivry-sur-Seine 2014), dimostra con efficacia il risultato della ricerca sul campo. Ossia che il jihadista francese è giovane, di buona famiglia, ha problemi relazionali e sfoga questi problemi attraverso la rete (l’85% dei combattenti francesi viene dalla classe media o dalla upper class, il 40% ha sofferto l’isolamento sociale o l’anoressia, il 98% di loro è stato avvicinato da Isis attraverso internet).
Certamente impareranno ogni cosa sul pronto soccorso, la fabbricazione di cinture esplosive, e la propaganda on line, come raccomanda la Zora Foundation, un tutorial on line per il “terrorismo domestico”. Ma prima di tutto dovranno dare la precedenza alla produzione di calorie e carboidrati utili ai combattenti, preferendo Nutella ed M&M’s che appesantiscono, ad altre ricette: polpette di datteri e pancake. Questi ultimi rigorosamente ricoperti di miele, piuttosto che di sidro di acero.