Se i costi sostenuti nel 2013 da Poste italiane per il personale dirigente sono già finiti nel mirino della Corte dei Conti, chissà quale sarà la valutazione finale dei magistrati contabili sulle uscite 2014. L’anno scorso, come emerge dalla stessa relazione sul bilancio 2013 del gruppo pubblico, Poste ha versato all’ex amministratore delegato Massimo Sarmi una corposa buonuscita: quattro annualità di stipendio da direttore generale “a titolo di incentivo all’esodo per la consensuale risoluzione del rapporto di lavoro” e una annualità di compenso fisso e variabile da ad, “per il mancato rinnovo del rapporto di amministrazione”.
Per la prima delle due poltrone Sarmi, che lo scorso ottobre ha ottenuto dal governatore della Lombardia Roberto Maroni una “poltrona di consolazione” nella Milano Serravalle – Milano Tangenziali, guadagnava 378.392 euro l’anno, per quella di ad 1,18 milioni. A cui vanno aggiunti i 40mila euro di gettone da consigliere. Ma non solo: il gruppo ha stabilito di pagare al manager anche le “spese legali sostenute nella definizione dell’accordo”, versando ai suoi avvocati 30mila euro.
La decisione, si legge nella relazione dei magistrati contabili, è stata presa dal cda rinnovato la scorsa primavera dopo che Matteo Renzi ha sostituito Sarmi con Francesco Caio. L’azionista Tesoro, “nel ravvisare l’opportunità di assumere orientamenti improntati al massimo rigore, ha ribadito l’esclusiva competenza e responsabilità nella materia degli organi societari preposti”. Di conseguenza il 31 luglio il consiglio ha approvato l’accordo transattivo “avente ad oggetto anche la rinuncia del dirigente ad eventuali domande e pretese comunque connesse già raggiunto con Sarmi”, che è stato ritenuto “congruo e favorevole nell’interesse della stessa società”.