Immaginate di ricevere a casa vostra la notifica di un decreto penale che condanna vostro figlio a due mesi di detenzione e relativa sospensione condizionale sul presupposto che qualche mese prima, in un supermercato, il pargolo abbia preso dallo scaffale una bibita in lattina, tirato la linguetta e bevuto un sorso. Sorpreso dalle telecamere, alla cassa sono intervenuti i vigilantes chiamando i carabinieri che, redatto verbale di denuncia per furto aggravato dalla violenza sulle cose (la linguetta strappata), lo hanno beatamente scodellato sul tavolo di un tribunale in cui, un giovane Gup (Giudice Udienza Preliminare) ha avallato tale contestazione, scritto e firmato il decreto che avete, oggi, in mano.

Immaginate di non essere un esperto di diritto ma di porvi la logica domanda se, strappando la linguetta per bere una bibita, tale atto è configurabile come violenza su una cosa (la lattina). Immaginate, infine, di dovere andare da una finanziaria, chiedere 5.000 euro in prestito per potersi presentare da un avvocato il quale dovrà opporsi al decreto e iniziare una battaglia giudiziaria. Immaginate, e poi non vi chiedo più nessuno sforzo, che infine dopo sei anni la Cassazione stabilisca che non era configurabile nessuna violenza sulle cose e che, mancando la querela della parte offesa per furto semplice, vostro figlio è definitivamente assolto.

Cosa vorreste dire a quel Gup? Vorrei molto che rispondessero i Davigo, i Tinti, i Sabelli non trincerandosi dietro la retorica difensiva del “bisogna conoscere gli atti” ma rispondendo con chiarezza ad una sola domanda: se una lattina che per essere bevuta necessita dello strappo della linguetta (elemento incontrovertibile) come si può, logicamente, giuridicamente e seriamente ipotizzare anche per un solo nanosecondo che esista la violenza sulla lattina nel momento in cui si strappa quella benedetta linguetta?

Vorrei anche che rispondessero oltre che su una storia banale e lineare come questa ad una seconda domanda: quel decreto di condanna reca con sé una possibile condotta grave o è un banale errore di interpretazione delle norme? Se, come sembra a me, quel Gup ha dato ampia dimostrazione di non leggere la denuncia, non riflettere su ciò che era accaduto, o semplicemente non porsi il problema se ciò che era accaduto corrispondesse ad una fattispecie piuttosto che ad un’altra mi si dice per quale barbaro motivo non debba pagare in prima persona? Per quale teorico espediente tale non curanza e superficialità non è assimilabile a colpa grave?

La vostra immaginazione riponetela pure: non si stratta di vostro figlio ma di un episodio realmente accaduto ad un cittadino marocchino nel 2008 su cui la Cassazione (sei anni di processi dopo) ha definitivamente detto stop.

Meno eclatante dei tanti casi di malagiustizia su cui la corporazione dei magistrati tace, questo episodio ci aiuta a cogliere e ad affermare che forse un giudice del genere andrebbe stoppato fin quando si occupa di furti in supermercati: un giorno occupandosi di altro, le ferite potrebbero essere ben più profonde: per la Giustizia, per la Magistratura e per i cittadini.

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