8marzoCi siamo: domani sarà l’8 marzo, Giornata internazionale delle donne, e come ogni anno è un susseguirsi di appuntamenti vari. Senza soffermarci a polemizzare con chi ne ha fatto una giornata di festa, svuotata di ogni significato, noi pensiamo che la strada da fare per i diritti delle donne sia ancora lunga. Ovviamente non siamo le sole e in tutto il mondo ci saranno incontri, manifestazioni e iniziative che proprio sui diritti si concentreranno.
A New York la giornata in questione non sarà solo l’occasione per la marcia delle donne, ma l’evento di apertura di un importante incontro internazionale: la Commissione sulla condizione delle donne (CSW) organizzata dalle Nazioni Unite, giunta alla sua 59esima edizione. Lo storico appuntamento quest’anno ricorderà i vent’anni trascorsi dalla quarta Conferenza mondiale delle donne, svoltasi a Pechino nel 1995, quando le partecipanti invitarono il pianeta intero a “guardare il mondo con occhi di donna”.
In quell’occasione si era a gran voce proclamato che “i diritti delle donne sono diritti umani” e su questa base concetti come “punto di vista di genere”, “empowerment” e “mainstreaming“, sono entrati nel dibattito delle associazioni di donne, nel femminismo e, in teoria, in quello dei governi.
Sì perché l’incontro tra donne ha prodotto due importanti documenti, la Dichiarazione di Pechino e la conseguente Piattaforma d’Azione, che tutt’oggi dovrebbero guidare il lavoro dei governi e della società civile per l’avanzamento dei diritti delle donne. Ogni cinque anni infatti viene fatta una verifica sull’attuazione del Programma d’Azione per ogni paese che l’ha sottoscritto. La CSW quindi quest’anno valuterà i progressi compiuti come le mancanze, nonché gli ostacoli che ancora ci sono da superare per una effettiva eguaglianza di genere.
Per quanto riguarda la situazione attuale dei paesi dell’Unione Europea, il quadro non è proprio confortante e sicuramente aggravato dalla persistente crisi economica, così come illustrato dalla quarta revisione periodica dell’implementazione della Piattaforma di Pechino pubblicata dall’Istituto europeo per l’uguaglianza di genere (EIGE).
E in Italia?
A giugno 2014 il Dipartimento delle Pari Opportunità della Presidenza del Consiglio dei Ministri ha inviato il suo Rapporto, dove i suggerimenti da parte delle associazioni della società civile non compaiono. Molte di queste hanno quindi lavorato ad un Rapporto Alternativo che fornisce un’importante analisi e un punto di vista differente da quello governativo, indicando a che punto siamo e cosa ancora c’è da fare.
Alcune delle principali criticità o “dimenticanze” individuate nel Rapporto sono: la carenza di un sistema di raccolta, analisi e diffusione di statistiche di genere; l’elevato livello di povertà femminile; l’insufficiente difesa della salute e dei diritti sessuali e riproduttivi; il basso tasso di occupazione delle donne; la questione della violenza maschile sulle donne; il rapporto donne e media; il riconoscimento delle problematiche ambientali collegate alle donne e alle loro esperienze e saperi.
Spesso nel dibattito istituzionale ci si sofferma sull’aumentata rappresentanza femminile nei ruoli decisionali e in politica, ma sappiamo bene che questo non basta. Serve un lavoro che parta da un’educazione differente, rispettosa delle identità di genere.
Bisogna partire da lontano e pensare fin da subito ai diritti delle ragazze, come abbiamo già sottolineato con la presentazione a Roma, presso la Camera dei Deputati, dell’edizione italiana della “Girl Declaration” e come faremo alla CSW di quest’anno con un parallel event sui diritti delle giovani dal titolo “Girls left behind: some positive examples from Asia and the Middle East “.
In questa occasione ci saranno testimonianze dirette delle adolescenti dei nostri progetti in Asia e Medio Oriente e di un ragazzo di Kolkata che lavora nel programma per il diritto allo studio delle bambine indiane, testimone dell’importanza del coinvolgimento maschile nel raggiungimento di una reale parità di genere, così come già sottolineato dalla Campagna Onu denominata #HEFORSHE. Lavorare con i/le più giovani vuol dire lavorare per un futuro davvero rispettoso dei diritti delle donne, facendo anche molto in tema di prevenzione della violenza, così come ci ricorda anche la Convenzione di Istanbul, ratificata questa estate dal nostro paese.Per fare in modo che la violenza contro le donne, la violenza domestica, le mutilazioni dei genitali femminili e i matrimoni forzati e/o precoci vengano affrontati in modo diverso e non solo in un’ottica emergenziale.

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