Il direttore della Gazzetta di Mantova e tre dei cronisti del giornale, Rossella Canadè, Igor Cipollina, Gabriele De Stefano, sono stati iscritti nel registro degli indagati per aver fatto il loro mestiere: dare sempre e comunque tutte le notizie di pubblico interesse e che abbiano il requisito della rilevanza sociale.
Nel caso in questione la Gazzetta di Mantova stava seguendo la cosiddetta: “Operazione Pesci“, una complessa inchiesta sulle infiltrazioni mafiose condotta dalla Procura di Brescia.
Operazione che ha messo nei guai imprenditori, amministratori, e lo stesso Sindaco di Mantova, Nicola Sodano. Più rilevanza sociale di così! Le inchieste della Gazzetta hanno dato conto anche di una informativa dei carabinieri, peraltro già nota ad indagati, arrestati e loro legali; infatti nessuno ha contestato la veridicità della pubblicazione, ma la violazione del segreto istruttorio, reato punibile con la detenzione sino a 30 giorni e con una multa.
Qualunque sia la motivazione, iniziative di questo genere rischiano di comprimere il perimetro della libertà di informazione e del diritto di critica e di scoraggiare chi ancora vuole mettere il naso nel malaffare nazionale.
Se e quando la denuncia sarà archiviata nessuno dovrà pagare per queste molestie contro l’articolo 21 della Costituzione, come, peraltro, ben sa proprio Paolo Boldrini che, quando era il direttore della Gazzetta di Ferrara, fu denunciato, insieme ad altri colleghi per le inchieste sul pestaggio e la morte del giovane Federico Aldrovandi.
Avevano ragione loro, ma nessuno di quei “querelanti temerari” ha mai chiesto scusa, né a loro, né, soprattutto, alla familglia Aldrovandi.