Approfittiamo della tappa romana delle Figuriniadi, l’iniziativa Panini di cui abbiamo parlato la scorsa settimana, per accompagnare il video realizzato per l’occasione parlando di alcuni fra i tanti giochi con le figurine. Ripartiamo da una delle tre specialità previste dal tour della casa modenese, il “Figu Record”, in cui vince chi riesce a lanciare le proprie il più lontano possibile. Un classico tante volte praticato in passato negli oratori e lungo i corridoi scolastici,, rettilinei nei quali poter sprigionare tutta la potenza della “schicchera” impartita al calciatore, oppure veri e propri circuiti in cui dosare le forze e scegliere le migliori traiettorie; dietro l’angolo c’era sempre il rischio di un ribaltamento che ti costringesse a ripartire dal via.
Serve una tecnica rodata anche per giocare a schiaffetto (o botta, schiaffo, schiaffone, scoppoletta a seconda della latitudine), consistente nell’adagiare un mucchietto di figurine su una superficie dura e piana (come un tavolo, oppure il pavimento) per poi, con il colpo secco portato da una mano (o da entrambe) vicino al mazzetto, cercare di “incassare” tutte le figurine che si è riusciti a far capovolgere. Il trucco è di curvare il mazzetto per ottenere un vantaggio dallo spostamento d’aria; tra le tecniche più note, «oltre al palmo aperto, il pugno chiuso, la mano a coppa e il battito delle mani. Naturalmente si vinceva quando il tentativo andava a buon fine e si riusciva a girare tutta la pila. In caso contrario si rendeva all’avversario la posta in gioco, che poteva variare da una a qualche decina di figurine». Un’altra variante del gioco consisteva nel far piombare direttamente la mano sul mazzetto; in questo caso a far la differenza era l’abbondante sudorazione dell’arto. C’era poi la calamita: richiedeva ai giocatori di leccarsi il dorso di una mano per far sì che la figurina vi si attaccasse (come fosse, per l’appunto, calamitata) e, anche qui, si rovesciasse.
Famoso è il soffio, la cui dinamica di gioco è identica a quella appena descritta con un’unica differenza: per far capovolgere le figurine bisogna soffiarci sopra. Anche lo scopo del mignolino è di rovesciare l’oggetto, utilizzando però il solo dito mignolo e mettendo in campo, se si gioca in due, una figurina ciascuno, sempre dopo averla incurvata; vince stavolta chi, insinuando il proprio mignolo sotto le figurine, riesce a girarle entrambe. Si può far sfoggio delle proprie abilità ancora nella pioggia (o vela, o muro), nella quale ciascun concorrente fa aderire la sua figurina a un muro e, al via, la lascia andar giù; si deve riuscire a farla cadere il più vicino possibile al muro (facendola precipitare in verticale, e impedendole di svolazzare a destra e a manca). Più dinamica la variante che prevede il lancio delle proprie figurine giù da un banco, un tavolino, un muretto, ecc., cercando di farle planare su quelle avversarie. Diverse le opzioni: ci si impossessa in genere della figurina avversaria se si è riusciti a coprirla per almeno il 50% (se questa viene invece coperta per meno della metà della sua superficie si ripete il tiro).
A maschio e femmina, da giocare in due, si mette a terra il proprio mazzetto e, a turno, si girano le figurine ponendole l’una sull’altra su un altro mazzetto; se lo aggiudica chi volta una figurina con l’immagine di un giocatore della stessa squadra di quello della figurina girata in precedenza dall’avversario. Infine mano in petto, in cui c’è da indicare il numero di figurine nascoste dall’avversario sotto la mano che tiene in petto:
Indovinando si vinceva l’intera posta in gioco, mentre se si perdeva si rendeva la differenza tra il numero di figurine dichiarato e quello effettivamente nascosto. Tra le possibilità previste dal gioco anche quella di non mettere nulla sotto la mano: in questo caso se si indovinava si vinceva un numero di figurine prestabilito (generalmente dieci), se si sbagliava […] si rendeva all’avversario il numero di figurine dichiarato. A “mano in petto” era lecito e molto utilizzato anche un trucchetto: ritagliare l’angolo di una figurina e farlo spuntare sotto la mano. L’avversario poteva quindi abboccare e pensare che l’amico nascondesse perlomeno una figurina, quando invece non ce n’era neanche una.
Bei tempi.