Zaur Dadayev e Anzor Kubashev sono stati accusati formalmente di coinvolgimento nell’omicidio di Boris Nemtsov. Entrambi di origine cecena, i due erano stati catturati dall’Fsb in Inguscezia, rispettivamente il 5 marzo nel distretto di Nazran e il 6 marzo nel distretto di Malgobek. Detenuti in Inguscezia, questa mattina sono apparsi dinanzi alla corte Basmanny di Mosca.  Il giudice Natalia Mushnikova ha reso noto che un altro dei fermati, Zaur Dadayev, ha confessato il suo coinvolgimento nel delitto. Mushnikova ha ordinato che Dadayev resti in custodia fino al 28 aprile. “Il coinvolgimento di Dadayev è stato confermato, oltre che dalla sua confessione, dalla totalità delle prove raccolte nell’ambito del caso”, ha detto la giudice in tribunale. Un funzionario della sicurezza in Inguscezia, Albert Barakhayev, aveva rivelato alle agenzie di stampa russe che Dadayev aveva prestato servizio per 10 anni nel battaglione di polizia ‘Sever’ dipendente dal ministero dell’Interno della Cecenia. Non è chiaro se fosse ancora in servizio.

La corte ha confermato l’arresto anche per i tre nuovi sospettati per l’uccisione di Nemtsov, tutti fermati in giornata, estendendo la detenzione di Shagit Kubashev , fratello di Anzor, sino al 7 maggio e quella di Ramzat Bakhayev e Tamerlan Eskerkhanov fino al giorno successivo. I tre, secondo un portavoce del tribunale, si sono dichiarati non colpevoli. Eskerkhanov ha sostenuto che al momento dell’omicidio stava lavorando e avrebbe quindi un alibi. L’omicidio sarebbe stato commesso per motivi di denaro, connesso con la rapina, l’estorsione o il banditismo: è l’accusa annunciata oggi in tribunale in relazione alla convalida degli arresti. Il codice prevale pene fino all’ergastolo.

Un’altra persona, sospettata di aver fatto parte del commando che ha ucciso leader dell’opposizione russa, si è fatta esplodere nella notte nella città cecena di Grozny. Lo riporta l’agenzia russa Interfax. L’uomo, che era rinchiuso in casa, sarebbe stato braccato dalla polizia e si sarebbe fatto saltare in aria con una granata, dopo aver lanciato un ordigno in direzione degli agenti. Nessun poliziotto sarebbe rimasto ferito.

Gli inquirenti russi hanno anticipato la possibile riconvocazione a Mosca della compagna di Nemtsov, Anna Duritskaya, che era con lui quando è stato ucciso. La ragazza, 23 anni, aveva lasciato Mosca nei giorni scorsi per tornare a Kiev dopo un lungo interrogatorio.

Nemtsov, l'annucio sui tg russi sui sospetti
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Inquirenti: “Kubashev e Dadayev esecutori materiali”
Anzor Kubashev e Dadayev sono stati portati al tribunale distrettuale Basmanny di Mosca per la conferma della detenzione preventiva. Secondo gli inquirenti uno dei due ha sparato e l’altro era al volante dell’auto, una Lada Priorat di colore bianco con targa dell’Inguscezia, con cui sono fuggiti. Kubashev avrebbe lasciato Mosca per la Cecenia lunedì scorso a da lì sarebbe poi partito insieme a Dadaev per l’Inguscezia.

Yashin: “Dadayev decorato da Putin?”
Uno dei collaboratori più stretti di Nemtsov, il co-presidente del suo partito Ilya Yashin, si domanda su Twitter se Zaur Dadayev, l’uomo che secondo il giudice ha confessato l’omicidio dell’oppositore, non sia “lo stesso che è stato decorato con la medaglia al merito da Putin”: il sito del governo ceceno, filo Cremlino, indica che nell’ottobre 2010 questo riconoscimento è stato attribuito a un certo “sergente Zaur Dadayev”, della 46/a brigata delle truppe interne in Cecenia. Difficile si tratti di un’omonimia dopo la conferma del consiglio di sicurezza inguscio e le rivelazioni della madre di Dadaiev. La signora Aimanì ha rivelato a Interfax che suo figlio ha prestato servizio negli ultimi dieci anni nel battaglione ceceno ‘Sever” (Nord). Notizia confermata anche da Albert Barakhaiev, segretario del Consiglio di sicurezza dell’Inguscezia.

La pista islamica: “Vendetta per Charlie Hebdo”
Gli inquirenti non escludono l’appartenenza dei 4 fermati ad un movimento islamico radicale del Caucaso e quindi, in tal caso, potrebbe rivelarsi non priva di fondamento una delle piste finora ipotizzate, forse la meno convincente: quella di una vendetta per le posizioni di Nemtsov sulla vicenda di Charlie Hebdo. Quest’ultima pista però sembrerebbe cadere con il movente venale attribuito ai cinque sospetti esecutori: gli estremisti islamici non uccidono per soldi. Ma Aleksandr Bortnikov, capo dell’Fsb che sabato ha diramato la notizia dei primi due fermi, ha ribadito alla tv di Stato che al momento restano in piedi tutte quelle formulate finora: dal tentativo interno o esterno di destabilizzare il Paese al malcontento dei nazionalisti russi per la critica di Nemtsov al ruolo di Mosca nella crisi ucraina, da una vendetta per motivi di gelosia (la fidanzata era una giovane modella ucraina) o di affari.

Dubbi degli oppositori sulla ricostruzione
Dopo l’omicidio di Nemtsov, aperto oppositore di Vladimir Putin e della politica della Russia in Ucraina, alcuni dei suoi amici hanno puntato il dito contro il Cremlino, sollevando la domanda sul perché la polizia abbia impiegato così tanto, 11 minuti, per arrivare sul luogo del delitto e hanno chiesto come sia stato possibile che gli venissero sparati contro sei colpi per poi darsi alla fuga in una zona che è controllata da telecamere a circuito chiuso. Le autorità russe hanno negato ogni coinvolgimento nell’omicidio e Putin lo ha definito una vergognosa tragedia, promettendo che avrebbe fatto tutto il possibile per trovare i responsabili e portarli davanti alla giustizia.

“Mandanti non ancora individuati”
Nel chiarire che indagini sono ancora in corso, il direttore dell’Fsb ha riferito che Putin è stato immediatamente informato dell’arresto dei due. Fonti vicine all’inchiesta hanno poi detto all’agenzia di stampa Interfax che fondamentale per la loro identificazione è stato il ritrovamento dell’auto a bordo della quale si trovavano venerdì scorso e che hanno usato per fuggire dal luogo del delitto. Secondo una fonte vicina all’inchiesta, citata da Interfax,”i mandanti e gli organizzatori non sono ancora stati individuati”, ma le tracce di chi ha ordinato l’omicidio potrebbero portare all’estero, riferisce ancora l’agenzia, che non ha però potuto ottenere conferme ufficiali di questa ipotesi.

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