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Trivelle in Adriatico, dopo proteste Italia chiede “consultazione” con Croazia

Il ministero dell’Ambiente ha ottenuto di partecipare alla Valutazione ambientale strategica transfrontaliera sul piano di Zagabria per lo sfruttamento di gas e petrolio nei giacimenti davanti le sue coste. Entro il 17 aprile le regioni devono inviare le proprie osservazioni. Soddisfatti gli ambientalisti

Le pressioni ambientaliste hanno fatto breccia nel governo italiano. Dopo l’alzata di scudi contro le trivellazioni che la Croazia vuole fare nel mare Adriatico, l’esecutivo Renzi si è finalmente mosso. Finora accusato di non prendere posizione, il ministero dell’Ambiente ha chiesto e ottenuto di partecipare alla Valutazione ambientale strategica (Vas) transfrontaliera italo-croata sul piano di Zagabria per lo sfruttamento di gas e petrolio nei giacimenti davanti le sue coste. Giacimenti ufficialmente della Croazia ma che si estendono sotto le acque territoriali dell’Italia, con il rischio di ripercussioni ambientali.

Avendo ora accesso agli atti, l’Italia può ora conoscere in dettaglio i programmi del primo ministro Zoran Milanovic e fare le proprie valutazioni. Insomma, anche se con ritardo (i termini per la consultazione dei piani croati erano già scaduti il 16 febbraio scorso) il governo ha dato un colpo di coda. “Essere pienamente a conoscenza di quel che si verifica a poca distanza dalle nostre coste, a maggior ragione perché si tratta di interventi energetici con un potenziale impatto ambientale, era per noi un passaggio irrinunciabile”, spiega il ministro Gian Luca Galletti. Che al tempo stesso ammette di aver agito anche “per rispondere a chi in questi mesi aveva temuto che l’Italia fosse semplice spettatrice di ciò che accade nell’Adriatico”.

Subito dopo il benestare di Zagabria, il ministero ha informato dell’avvio della consultazione le regioni adriatiche interessate. Le ha poi invitate a trasmettere entro il 17 aprile le proprie osservazioni, che verranno acquisite e inoltrate il 4 maggio, assieme a quelle del ministero, alla Croazia. “Così attraverso uno strumento comunitario potremo far valere le nostre giuste ragioni, e questo è davvero un importante risultato”, dice il sottosegretario all’Ambiente Barbara Degani.

Per gli ambientalisti si tratta di una vittoria importante. Secondo il Wwf siamo di fronte a una svolta “importante per la tutela del Mare Adriatico che dimostra come i confini e le competenze statuali possono e devono essere superate positivamente quando si tratta della tutela degli ecosistemi marini e costieri”. Infatti, nota l’associazione, “benché queste zone siano in acque territoriali croate il rischio inquinamento dovuto alle attività di routine e a maggior ragione in caso di incidente può mettere a grave rischio, data la sua conformazione, l’intero bacino dell’Adriatico, avendo più che probabili “impatti significativi” sul sistema marino e costiero italiano”.

Anche per Avaaz, organizzazione no profit internazionale, questo è un “passaggio cruciale per portare a galla anche in ambito internazionale le numerose lacune individuate in Croazia sul progetto”. Nei giorni scorsi i membri italiani di Avaaz avevano lanciato una campagna contro i piano di Zagabria, raccogliendo più di 130mila firme. Successivamente avevano inviato 13mila messaggi scritti direttamente ai ministri coinvolti. “La notizia di oggi è sicuramente un grande passo in avanti e ci dimostra l’importanza della pressione esercitata da entrambi i lati dell’Adriatico”, commenta l’organizzazione.

Ma le battaglie ambientaliste hanno ottenuto un’apertura anche da parte di Zagabria. Milanovic ha infatti annunciato che l’estrazione di gas e petrolio dai fondali dell’Adriatico non comincerà prima che un referendum popolare l’abbia avallata. Il primo ministro croato ha però ricordato che “i più grandi esperti mondiali del settore confermano la reale la possibilità di guadagnare miliardi”. E ha chiesto agli ambientalisti: “Vogliamo veramente perdere una occasione come questa?”.