Va benissimo festeggiare la Festa della Donna (che poi in realtà è la Giornata Internazionale della Donna), sia per ricordare le lotte per l’emancipazione, sia perché è vero che la donna tuttora continua ad essere discriminata in certi settori lavorativi (peraltro io sono contrario alle quote rosa) e continua ad essere vittima di violenze.
Va bene tutto questo, ma qualcuno mi spieghi perché debba farsi una strage di mimose per celebrarla adeguatamente.
La mimosa non è un albero autoctono, eppure si è inserito benissimo nel nostro paesaggio (ricordo in proposito dei bei quadri di Michele Cascella) ed è bello vedere spuntare le sue macchie gialle nel paesaggio marino quando ancora la natura tutto intorno pare dormire. Perché segarne i rami?
Leggo su La Stampa che questa è invece un’idea tutta italiana: “L’idea di abbinare alla festa della donna un fiore è solo italiana e fu di Rita Montagnana e Teresa Mattei, due attiviste dell’Udi (Unione donne italiane) nel 1946: la mimosa fu scelta perché fiorisce nei primi giorni di marzo e non costa tanto, per cui è accessibile a molti.”
Una tradizione, dunque. Ma non è detto che tutte le tradizioni debbano essere rispettate in eterno. Soprattutto se cambia la sensibilità che le ha generate.
Conseguente proposta. Festeggiamo la donna, ma lasciamo quietare le mimose.