È l’una e trenta, c’è il sole, pochi turisti tra canali, ponti e piazze. È l’una e trenta “ma non ho fame, non mangio quasi mai. No, non sto attento, non ho mai avuto lo stimolo, salto sempre il pranzo. Vuole un bicchiere di vino?”. Meglio evitare. Meglio mantenere intatte le facoltà cerebrali quando si ascolta Massimo Cacciari dissertare di politica, di Venezia, gli scontri con Massimo D’Alema su Silvio Berlusconi, i dubbi su Matteo Renzi, la presunta love story con Veronica Lario. I quadri di Emilio Vedova e i contrasti con il fratello. Fino ai suoi testi, alcuni dei quali talmente complessi da inibire le recensioni dei critici: “Davvero?”, sorride sornione, “è vero, spesso non sono semplici. Ma non sempre, ne ho scritti alcuni meno complessi”. Iper borghese, ma di sinistra, iper critico verso il Pd, ma sempre democratico, iper impegnato (“do una mano per le primarie”), ma quando si discute non guarda mai l’orologio né il cellulare. La sua casa sembra la sintesi morettiana di un intellettuale impegnato: libri ovunque, quadri anche in bagno. Ordinata senza esagerare, vissuta, lo stendino carico di panni, il letto tirato su al volo.
Professore, ha più volte definito le primarie una “farsa”, però continua a dare il suo contributo.
(Alza la voce, da semi sdraiato in poltrona si mette in punta di cuscino) M’hanno apparecchiato questa condizione, devo salvare qualcosa! Se la situazione di lotta è questa, lotto, spero che Renzi sbaracchi lo strumento, tanto gli è servito enormemente una volta, primarie concesse da questi deficienti. Adesso cerchiamo di diventare responsabili.
In che modo?
Con un minimo di ragionevolezza, con l’albo degli elettori presentato con congruo anticipo, e solo gli iscritti possono votare. Mettiamo dei limiti.
Teme l’arrivo di truppe “straniere” anche a Venezia?
Qui siamo persone serie.
Anche a Genova e Napoli lo dicevano.
In Liguria erano Regionali. Vede, diventare sindaco è da matti, devi affrontare solo mega-grane con strumenti debolissimi. Le regioni sono potere, sono un mostro, sono dei catafalchi, enti che prendono risorse e le distribuiscono. Non hanno alcuna finanza autonoma, nessuna responsabilità, e potere assoluto. È chiaro che fanno a coltellate per venir eletti.
Anche lei ci ha provato nel 2000.
Nel momento top del berlusconismo e di colata a picco del centro-sinistra. Venne Berlusconi in nave a San Marco per un ricevimento con Galan e famiglia.
Galan ora è agli arresti domiciliari per il Mose.
E mi dispiace, ci sono situazioni molto più scandalose e gravi rispetto alla sua, a partire dal comportamento dei burocrati di Stato. Nessun Galan avrebbe mai potuto fare quello che ha fatto senza l’avallo dei poteri competenti dello Stato, a partire dai Magistrati alle Acque che hanno patteggiato. Erano loro a dire: ‘Il progetto Mose va bene’. E parlo della signora Piva e dell’ingegner Cuccioletta.
Le persone chiave della vicenda.
Per non parlare della Corte dei Conti, gli denunciai tutto. Una volta mi hanno convocato per tre minuti, ma guardavano altrove, non mi ascoltavano. Mentre si appassionarono al filmino promozionale dell’ingegner Mazzacurati. Ma vogliamo parlare di Prodi? di Berlusconi? dei presidenti del Consiglio?…
Cosa in particolare?
Tutti hanno avuto le mie carte, i documenti, i faldoni, i progetti alternativi, i dubbi. Niente. Ribadisco: tutto il Mose è, da sempre, in mano ai livelli più alti dello Stato, non fermatevi a Galan.
Resta il punto: lei accusa da sempre la politica, ma dalla politica non può stare lontano.
Si tratta di Venezia, la mia città, il posto dove ho speso gran parte della vita, già nell’89 ero quasi sindaco, poi mi sono presentato nel ’90 con una lista che si chiamava ‘Pci il ponte’, con il simboletto poi ripreso dal Pds e una lista con la metà di non iscritti al partito ma scelti da me.
Lei era occhettiano alla Bolognina.
Certo, ma non iscritto, ero uscito dal partito nel 1984, ma avevo buoni rapporti con tutti, meno che con D’Alema. Nel 1990 ero la sinistra dei club con Paolo Flores d’Arcais.
D’Alema non le è mai piaciuto.
Mai. È sicuramente intelligente e preparato, ma tradito dall’arroganza, per questo fa errori clamorosi.
“D’Alema intelligente” è oramai un assioma. Ma quando l’ha dimostrato?
Quando parla, quando fa un’analisi politica. Lo dimostra perché è un uomo che ha letto due libri, è un uomo colto.
Va bene, ma nei fatti?
Politicamente è travolto dalla presunzione: lui, solo lui, ma allo stesso tempo è anche un uomo di partito, non è Renzi, non è un demagogo. Poi, quando si tratta del suo destino, dove ‘io posso prevalere’, ‘ io posso vincere su di te’, va nel pallone.
L’errore più grande di D’Alema?
Venne qui durante la Bicamerale e mi permisi di manifestargli dei dubbi. E lui utilizzando il mio cognome, disse: ‘Cacciari… Cacciari… ancora non hai capito: Berlusconi è un prigioniero politico’. Con lo stesso metro hanno affrontato Renzi, convinti di essere i più fighi.
Bersani sulla scia di D’Alema…
Un tipino molto modesto, perbene, molto consapevole dei propri limiti. È incredibile come hanno generato Renzi, questi sbarramenti, queste primarie, lo hanno legittimato convinti che avrebbero vinto. Perché loro hanno la struttura, l’apparato, loro… Ma sono loro ad aver sbaraccato ogni forma di partito e si sono affidati a questa farsa di primarie.
Si aspettava il risultato di Bersani nel 2013?
No, mi aspettavo che sarebbe stata dura, ma non una catastrofe simile.
Il giorno dopo del voto, al Fatto disse: “Non hanno capito un cazzo, dovevano schierare Renzi”.
Piuttosto che andare a una competizione con la vecchia guardia, ci saremmo risparmiati questi due anni…” Forse il primo anno, quello di Letta, in quest’ultimo non mi sembra in grandi difficoltà. Ora invece è debole. Poi lui copre i limiti con la super presenza, con la super volontà di potenza. È chiaro che se si fosse affermato con le elezioni, tutto sarebbe andato prima e meglio.
Non sembra così debole…
Gli resta il vizio di fondo, un vizio che pesa e che potrebbe portarlo a sbattere in ogni momento”.
Non ha opposizione.
Ma nei sistemi attuali l’opposizione non è tanto quella che vedi e che fa casino nelle piazze e in Parlamento. La chiave è un’altra: bisogna capire se è forte solo lui o se è riuscito a conquistare settori importanti, anche della burocrazia. In generale si ha una visione ridicola della politica, come una forza autonoma, mentre la politica conta sempre meno ed è destinata a contare ancor meno. Vede, per capire la forza di un uomo politico, o di una forza politica, bisognerebbe sapere come si ingrana con i veri sistemi di potere.
E Renzi non sa se li ha ingranati.
Questo è il punto. Conosco i sistemi di potere, ma non so come ci si configura Renzi, non so quanto sia dentro.
Per alcuni Renzi è espressione dei poteri forti, per altri no.
Appunto, lo vede? Ed è la domanda decisiva per capire quanto è solida la sua tenuta. Anche i suoi oppositori non lo capiscono, a partire da Cuperlo e Civati con i quali spesso mi confronto. Non inquadrano il personaggio, ed è la loro debolezza.
Lei prima ha parlato di D’Alema, e D’Alema non è un politico in grado di dire “ho sbagliato”.
Lei cosa si rimprovera?
Non capire che se uno fa politica, deve fare solo politica. Non può nel frattempo andarsene da un Consiglio comunale perché ha un libro da leggere, deve dedicarsi totalmente. Purtroppo non ho pazienza, quando uno dice troppe cazzate, quando la riunione dura troppo, mi sale l’angoscia di tornare a casa.
Secondo Cesare De Michelis lei è un uomo in grado di dire “ti aspetto di sotto e ti picchio”, ma di non aver mai partecipato a una rissa.
No, non mi offendo mai. Posso mandare affanculo, ma dopo due secondi me ne sono dimenticato.
Celebri le sue urla ai talk shaw, ma si diverte ancora?
Non tanto, ma è un modo per dire due cose, poi mi invitano sempre, dire sempre di no pare brutto. Mi piace andare dalla Gruber, mi è simpatica.
Rispetto a Venezia, rivendica tutte le scelte?
Ho avuto qualche casino con il ponte di Calatrava, una grandissima opera di architettura, solo che è costata un’ira di Dio.
Non mi dirà “per colpa di scelte altrui”.
Da me una frase del genere non la sentirà mai: se uno assume una carica, si deve far carico anche dei padri. In quel caso sono stati sbagliati gli appalti, però ci passa più gente che al ponte di Rialto. Lo rifarei tale e quale… o non lo rifarei viste le grane che ho subito.
Cosa non ha realizzato per Venezia?
Un piano di mobilità acqueo. Non ci sono riuscito. E comunque lei deve parlare di Venezia e Mestre, e su quest’ultima sono stati conclusi degli interventi straordinari, è totalmente cambiata, e in bene.
Lei è molto magro.
Però non pratico alcuno sport, né dieta. Sicuro che non vuole niente? Ma neanche un caffè; un bicchiere di vino…
No, grazie. Senta, il suo stato da single le ha procurato qualche chiacchiera su un rapporto con Veronica Lario…
Pazzia. Non so chi possa essere stato il matto a tirarla fuori. La voce circolava da tempo, ma non l’ho mai vista, alcuni sono convinti ancora di questa relazione, ma è una leggenda incredibile. Seguivo solo la figlia Barbara all’università.
Per lei Barbara è meglio di Marina in politica.
Di Marina mi parlano come di un manager bravissimo, Barbara l’ho conosciuta in due corsi ed è molto spigliata, parla bene.
Torniamo all’esperienza da sindaco. In quel periodo lei faceva parte di un bel gruppo: Rutelli a Roma, Bassolino a Napoli e altri. Di quella stagione cosa resta e perché si sono persi un po’ tutti?
Sì, non è rimasto nulla, solo tanti inizi e nessuna conclusione. Eravamo troppo diversi. Il problema è stato l’innesco con un processo costituente a livello nazionale, bisognava modificare l’assetto dello Stato, ma ci fu il blocco totale dei partiti, a partire dalla Lega.
Si è parlato e si parla di eccessiva personalizzazione della politica da parte dei sindaci.
Specialmente nel secondo mandato. Negli anni Novanta avevi un successo anche maggiore: è chiaro che in quel caso le aspettative crescevano e ti chiedevano “la qualunque”. Attese strepitose. Mi chiamavano in continuazione, pretendevano risolvessi qualunque problema.
Ha parlato molto di D’Alema, mai di Veltroni.
Uno debole caratterialmente, è l’opposto di Renzi. Come idee politiche è forse la personalità che sento più vicina a me.
Lui non si è mai definito comunista. Lei è mai andato a Est prima della caduta del Muro?
Due volte, esperienza orribile. Ma peggio in Cina durante la rivoluzione culturale, posto tremendo, ho visto l’inferno. Guardi che tra gli anni Sessanta e Settanta, quasi tutta la dirigenza del Pci era antisovietica, anche i capi, ma furbescamente tacevano.
Diceva della Cina?
Ci sono stato un mese, ti portavano a visitare dei lager convinti di celebrare la loro capacità produttiva. Degli schiavi. In mezzo a condizioni di totale inquinamento.
Le piace Landini?
Mi sembra una persona onesta, anche simpatica, ma non va da nessuna parte. Lo avrei apprezzato di più se fosse partito dal cambiare il sindacato, prima si lavora in casa propria, poi si guarda fuori. E comunque le sue idee non tengono conto del cambiamento dei tempi, a partire dal mercato del lavoro.
Squilla il cellulare, lo vengono a prendere. “Mi scusi, ora devo andare, come le dicevo ho degli appuntamenti per le primarie”. Si alza dalla poltrona. Ma quello appeso è un Vedova? “Sì, aspetti che le mostro gli altri…” E continua a chiacchierare, senza fretta. Come diceva prima, la politica è molto, ma non è tutto.
Twitter: @A_Ferrucci
Il Fatto Quotidiano, Lunedì 9 marzo 2015