Possibilità di partecipare a meno classi e domande più pratiche. L’ultimo concorso di accesso alle specializzazioni mediche è stato un vero disastro, e non soltanto per il clamoroso errore del Cineca che ha invertito i fogli di un quiz (tanti i candidati esclusi che ancora reclamano l’accesso in sovrannumero ai corsi). Come e più che per le facoltà di Medicina ci sono state troppe proteste sullo svolgimento dei test e molti problemi nell’assegnazione dei vincitori alle sedi. E allora il Ministero dell’Istruzione ha deciso di cambiare, o se non altro correggere il tiro su alcuni punti che erano stati molto criticati da studenti e docenti.
La novità principale è sicuramente il numero di tipologia di scuola a cui ogni candidato potrà concorrere, che viene dimezzato: non più sei, ma tre. Una modifica positiva: il nuovo concorso nazionale, per come era stato concepito inizialmente, non garantiva consequenzialità fra il percorso dello studente e la sua scelta di specializzazione (circostanza molto criticata dai professori e dai direttori di scuola). Adesso, con solo tre opzioni a disposizione, la probabilità che un laureato con tesi in chirurgia finisca a specializzarsi in ginecologia si riducono. Soprattutto si semplifica la procedura di assegnazione dei vincitori: la possibilità di concorrere su sei classi, moltiplicata per le oltre 50 sedi disponibili in tutto il Paese (come previsto dalla nuova graduatoria nazionale), aveva generato un numero quasi infinito di combinazioni, rallentando lo scorrimento delle graduatorie. Tanto che a gennaio ancora il 15% dei posti rimaneva vacante, e tutt’ora ci sono scuole che aspettano i propri specializzandi a distanza di quasi quattro mesi dallo svolgimento degli esami. Una svista del Ministero a cui adesso dovrebbe essere posto (almeno parzialmente) riparo.
Cambiano anche i contenuti delle prove. In particolare dei 70 quesiti della parte generale (quella comune a tutti, a cui si aggiungono poi le domande specifiche per ogni classe di concorso): i quiz riguarderanno maggiormente materie cliniche, con attenzione alla vita di reparto e una caratterizzazione pratico-applicativa della prova. L’anno scorso, invece, aveva destato perplessità la massiccia presenza di domande di materie di base pre-clinica (come anatomia, fisica, chimica), considerando che si tratta di un test che garantisce l’accesso ad un percorso di specializzazione.
Il secondo bando, dunque, nasce su presupposti migliori del precedente. Reclamato a lungo come strumento di trasparenza e meritocrazia, l’anno scorso il nuovo concorso nazionale è stato oggetto di segnalazioni di irregolarità e risultati anomali in alcune sedi, tanto da far rimpiangere il vecchio concorso su base locale. Senza dimenticare che la nuova procedura sta dimostrando di penalizzare le università meridionali o comunque dei centri minori, che faticano a trovare studenti. Su tutti questi punti i dubbi restano. Il bando dovrebbe essere emanato entro il 30 aprile, e le prove svolgersi entro fine luglio. Così da consegnare alle scuole i nuovi specializzandi in autunno. Questa volta senza ritardi, contestazioni e ricorsi. Si spera.