Per i giudici di primo grado fu concussione e fu prostituzione minorile. Ma per quelli di secondo grado la telefonata in Questura fu un abuso, ma non costituisce reato e non era stato provato il sesso con l’allora 17enne Ruby. Nel giorno in cui Silvio Berlusconi promette di far votare no alle riforme si apre davanti alla VI sezione penale della Cassazione, l’udienza del processo Ruby quello che ha come imputato l’ex premier, accusato di prostituzione minorile e concussione.
Contro l’assoluzione del leader di Fi ha fatto ricorso alla Suprema Corte il sostituto procuratore generale di Milano Piero De Petris e, sempre nella giornata di martedì 10 marzo, con tutta probabilità, si conoscerà quale sarà il verdetto degli ermellini che devono decidere se confermare definitivamente la non colpevolezza dell’imputato o rinviare gli atti perché un’altra sezione della corte d’Appello di Milano celebri un nuovo processo di secondo grado.
La legge Severino e la questione concussione
In secondo grado a giocare a favore dell’ex Cavaliere c’è stata sicuramente la legge Severino e proprio l’interpretazione che ne aveva fornito la Suprema Corte, aveva certamente ristretto le maglie del reato, la concussione, per il quale Berlusconi è stato assolto. L’allora premier “abusò della sua qualità di presidente del Consiglio” quando telefonò in Questura per far rilasciare la ragazza. E se è vero che anche con la vecchia formulazione del reato, nel processo sarebbe stato fondamentale comprendere se il capo di gabinetto che ricevette le telefonate, Pietro Ostuni, fosse consapevole di favorire “indebitamente” il capo del governo, è altrettanto certo che i paletti della norma – indebito vantaggio e punibilità del concusso – hanno limitato il raggio di azione dei giudici. Quell’abuso che poteva essere punito con la precedente legge (che univa costrizione e induzione), non lo può essere più con la nuova: perché nel caso Ruby mancano i due criteri essenziali, secondo i giudici d’appello, per la configurazione del reato di quella che fu battezzata legge anti corruzione.
Il collegio e la pubblica accusa
A presiedere il collegio sarà Nicola Milo: sotto la sua guida la VI sezione ha azzerato le condanne del processo Why Not. Il magistrato è stato giudice relatore nel processo Imi-Sir, ha preso parte ai collegi delle Sezioni Unite dei processi Andreotti e Mannino, culminati con assoluzioni e presiederà l’udienza prevista il prossimo 31 marzo in cui si deciderà sull’affaire del nastro Fassino-Consorte. Per Berlusconi è scattata la prescrizione, ma la difesa ha proposto ricorso per ottenere una assoluzione nel merito. Oltre a Milo, gli altri giudici dell’udienza su Ruby saranno i consiglieri di Cassazione Orlando Villoni che è il relatore (ed è stato relatore della sentenza sul voto di scambio, ndr), Giorgio Fidelbo, Stefano Mogini e Gaetano De Amicis.
La pubblica accusa sarà rappresentata da Eduardo Scardaccione (in passato accusa nel processo Squillante, ndr). Inoltre, è il Pg che si è opposto alla richiesta di trasferire da Palermo a Caltanissetta il processo sulla trattativa Stato-mafia, istanza presentata dai legali di Mario Mori, Antonio Subranni e Giuseppe De Donno. È un magistrato esperto nei procedimenti per truffe e tangenti ed è anche esperto in reati da ‘indebita pressione’, come – secondo l’accusa sostenuta da De Petris – sarebbe stata la telefonata che Berlusconi da Parigi ha fatto al capo di gabinetto della Questura di Milano Pietro Ostuni, la notte tra il 27 e il 28 maggio 2010, per ottenere il rilascio della marocchina spacciata invano per la nipote dell’allora presidente dell’Egitto, Hosni Mubarak. Al suo attivo, il Pg Scardaccione ha anche la requisitoria al processo in Cassazione a carico di Bettino Craxi e Claudio Martelli per la maxi tangente Enimont. Ma la VI sezione penale annullò con rinvio il processo per riacquisire delle testimonianze, come richiesto dalle difese.
La difesa con Franco Coppi e Filippo Dinacci
A sostenere le ragioni della difesa di Silvio Berlusconi, vi saranno il professor Franco Coppi, toga che si è occupato di quasi tutti i più importanti processi degli ultimi anni, e l’avvocato Filippo Dinacci. Le loro arringhe insisteranno per la conferma dell’assoluzione, partendo da una posizione di vantaggio di fronte a giudici di legittimità non inclini a rimettere in discussione il merito dei fatti e a riaprire il capitolo del ‘se’ Berlusconi sapeva o no che Ruby era minorenne, e del ‘se’ nella telefonata a Ostuni ordinò o semplicemente suggerì di consegnare la ragazza a Nicole Minetti.