La donna aveva un contratto a tempo indeterminato e lavorava in un'attività commerciale in Romagna e ha deciso di rivolgersi allo sportello "Nuovi diritti" contro le discriminazioni su suggerimento di Daniel Petrarulo (concorrente di "The Voice of Italy 3")
Licenziata per aver deciso di cambiare sesso. Quando ha iniziato a lavorare per un’attività commerciale di Rimini, circa 4 anni fa, Giovanna, nome di fantasia, era ancora un ragazzo, che però già sognava di diventare donna. Aveva un contratto a tempo indeterminato, e come racconta Silvia Zoli dello sportello Nuovi Diritti della Cgil di Rimini, “il suo lavoro era molto apprezzato, sia dai colleghi, sia dal titolare della società presso cui era impiegata”. Finché, almeno, le cure ormonali che Giovanna ha intrapreso per cambiare sesso non hanno dato i primi risultati visibili, e lei ha deciso di operarsi. A quel punto sono iniziati i problemi.
“Giovanna, anche durante le cure ormonali, iniziate 3 anni fa, si è sempre recata al lavoro comportandosi e vestendosi da uomo. Una difficoltà, per lei, perché in qualche modo viveva una doppia vita. Poi però le cure hanno iniziato a modificare sensibilmente il suo aspetto, e con le prime operazioni in programma già a marzo per intervenire sul suo corpo, ad esempio sul pomo d’adamo, qualche settimana fa ha deciso di raccontare ai colleghi e al suo titolare quali erano le sue intenzioni: diventare, cioè, donna – continua Zoli – a quel punto, tempo pochi giorni ed è stata licenziata con un pretesto”. Un licenziamento che, secondo lo sportello Nuovi Diritti, nato per tutelare le persone lgbt contro le discriminazioni sul lavoro, a cui Giovanna si è rivolta su consiglio di Daniel Petrarulo, concorrente di “The Voice of Italy 3”, nato Daniela, “è dovuto proprio alla sua decisione di cambiare sesso”. “Se i colleghi sono stati comprensivi con lei – spiega Zoli – appena poche settimane dopo aver parlato con il titolare, Giovanna è stata lasciata a casa. Con una scusa, ovviamente, perché se il datore di lavoro l’avesse licenziata adducendo il suo cambio di sesso sarebbe stato facilissimo fare ricorso, visto che in Italia l’unica legge di tutela contro le discriminazioni per orientamento sessuale riguarda proprio il lavoro (decreto legislativo 216 del 9 luglio 2003). La cosa che fa più rabbia, che grida vendetta, però, è che sul lavoro era brava”.
Ora Giovanna ha intenzione di impugnare quel licenziamento, e con lo sportello Nuovi Diritti sta valutando la maniera migliore di muoversi. “Il pretesto addotto dalla società per mandarla via – spiega infatti Zoli – di per sé, se fosse reale, sarebbe inattaccabile. Sono le modalità con cui è stato utilizzato a renderlo attaccabile, perché bisogna ricordare che in un rapporto di lavoro ci deve sempre essere correttezza e buona fede. Inoltre la fretta usata per addurre una motivazione allo scopo di mandare via Giovanna è già di per sé indice di una discriminazione”.
Ciò che Giovanna vorrebbe, però, non è un risarcimento. “Lei ha bisogno di tornare al suo lavoro, di riprendere la sua vita, perché ciò che è successo la sta rovinando. Ha dovuto sospendere le operazioni che aveva in programma perché è rimasta disoccupata, e senza uno stipendio non può più permettersele, e ha dovuto rinunciare a prendere in affitto una casa perché non ha più un contratto a tempo indeterminato. E’ una storia gravissima, e intendiamo andare fino in fondo: la vittima ha cambiato sesso, ma non la professionalità, né la sua serietà sul lavoro”.
Una battaglia legale che Giovanna intraprenderà con l’appoggio dell’Arcigay di Rimini: “Questo è un esempio di come in Italia, nel 2015, ci siano ancora persone che non hanno la libertà di vivere serenamente chi scelgono di essere, e che si trovano sotto ricatto – sottolinea Marco Tonti, presidente di Arcigay Alan Turing di Rimini – ma anche di come, lottando, ci sia la possibilità di riscattarsi. Il grande assente, in tutto questo, è ovviamente lo Stato, che avvalla tali discriminazioni ostaggio di fronde clericali e conservatrici dentro e fuori dal Parlamento. E’ spaventoso che ancora oggi non ci sia, per chi è gay, alcuna forma di riconoscimento, né in termini di diritti, né morale: le nostre battaglie sono diventate terreno di scontro ideologico, e le persone vengono private della loro umanità, del loro diritto a costruirsi una famiglia e degli affetti per diventare semplici pedine”.