“Ho una voglia matta di tornare a lavorare. Avevo già fatto i calcoli. A maggio sarei rientrato in servizio. Sto facendo di tutto per curare la testa, loro hanno finito di aprirmela”. Vincenzo Giunta è una guardia giurata, ha 46 anni e da nove mesi lotta contro un tumore al cervello. La sua vita è cambiata una prima volta il giorno in cui gli è stato diagnosticato il cancro, ma la botta più dolorosa è arrivata il 3 marzo. C’è quella data in calce alla lettera di licenziamento ricevuta dalla guardia giurata di Brindisi, la stessa città dove due mesi fa si era verificato un caso simile in un’azienda del polo petrolchimico. Il mittente è l’istituto di vigilanza per la quale lavorava da sei anni, la Sveviapol Sud srl, che opera nelle province di Brindisi, Lecce e Taranto. “Licenziamento per superamento del periodo di comporto”, scrive la Sveviapol nella raccomandata inviata la scorsa settimana. Poi cinque fredde righe corredate dagli articoli del contratto collettivo nazionale che giustificherebbero l’allontanamento: “In considerazione delle assenze per malattia dal 20.3.2014 al 24.3.2014, pari a quattro giorni, e dal 16.6.2014 all’1.3.2015, pari a 240 giorni, Le comunichiamo, essendo cessato il Suo diritto alla conservazione del posto di lavoro, la risoluzione del rapporto di lavoro con effetto dalla data di ricezione della presente. Distinti saluti”.
Giunta non è rimasto in silenzio: “Non mi aspettavo un trattamento privilegiato, solo serenità e tranquillità – dice a ilfattoquotidiano.it – Ho superato chemioterapia e operazioni, ma questo è davvero troppo”. Il dramma della guardia giurata inizia nel giugno 2014, quando gli viene diagnosticato il tumore. Dopo un infruttuoso ciclo di chemio a Brindisi, il 2 ottobre si sottopone a un primo intervento a Milano. Il male è aggressivo e due mesi dopo è di nuovo sotto i ferri. Non basta neanche questa volta. Il 24 febbraio rientra in sala operatoria: al terzo tentativo la massa tumorale viene ridotta dell’85 per cento. “In tutto questo periodo l’azienda non si è mai fatta sentire. Tranne a dicembre, quando mi chiamato un tenente per chiedermi quando sarei rientrato. Dopo nove mesi di silenzio. Capite? – spiega – a breve inizierò un ciclo di radioterapia e avevo già fatto i calcoli: se tutto andrà bene, sarei potuto tornare in servizio a maggio”. Poi la lettera, la denuncia e l’intervento del sindacato: “Stigmatizziamo senza riserva alcuna l’ingiustificabile decisione di licenziare il proprio dipendente – scrive la Fisascat Cisl – reo unicamente di essere stato colpito da un tumore alla testa e di essersi fatto curare, come è nel diritto di ogni persona che dà valore alla propria vita”.
Per Giunta sarebbe stato semplicemente impossibile rientrare a lavoro. Mentre nella lettera gli viene contestato il superamento della soglia del periodo di comporto (il limite massimo di giorni per cui un lavoratore può beneficiare della malattia conservando il posto) prevista dal contratto di lavoro di categoria. Una ammontare di giorni pari a 240 per assenze riconducibili a episodi diversi. Cosa che non è avvenuta, perché quello di Giunta è un unico caso clinico, per il quale il periodo di comporto sale a 300 giorni. Dai quali – sottolinea il sindacato facendo riferimento al contratto nazionale di lavoro – bisogna oltretutto escludere i giorni in cui la guardia giurata è stata sottoposta a terapia salvavita. “Invocare l’applicazione del contratto collettivo di lavoro, che regola i diritti e i doveri dei lavoratori in questo particolare settore – scrive la Cisl – è il meno che ci impegniamo a fare, dal momento che tutta una serie di condizioni concorrono a considerare fin da ora illegittimo e ingiustificato il licenziamento”.
A caso ormai scoppiato, l’azienda spiega a ilfattoquotidiano.it che “la parte dirigenziale non ne era al corrente, tutto è partito dall’ufficio legale: troveremo la soluzione più indicata e corretta”. Una dichiarazione che il sindacato accoglie tiepidamente: “Dopo quello che hanno fatto, aspettiamo che i fatti seguano alle parole – spiega Antonio Baldassarre, segretario provinciale della Fisascat Cisl – Continueremo a monitorare la situazione affinché si trovi una soluzione rapida e reale”.
La stessa che chiede il coordinatore nazionale e deputato di Sel Nicola Fratoianni, che sul caso ha presentato un’interrogazione al ministro del Lavoro: “Non solo il danno di una brutta malattia da combattere con le unghie e con i denti, ma anche – evidenzia Fratoianni – la beffa del licenziamento per aver ‘superato la soglia di comporto’, ovvero per aver fatto troppe assenze. È inaccettabile. Chi tutela i lavoratori, in questi casi? Bisogna aspettare la sentenza di un giudice? E cosa accadrà con il Jobs Act a pieno regime”. Giunta aspetta e guarda avanti, con gli occhi di chi ha una battaglia più urgente da combattere: “La rabbia nasce dalla poca sensibilità e dalla mancanza di rispetto. Ora ho un solo obiettivo: vincere il cancro. Mi avrebbe sicuramente fatto bene affrontare una lotta così complicata con serenità ed essendo certo di avere un lavoro”.