I marinai della Guardia costiera lo chiamano “lo sciacallo”. Subito dopo un recupero di un barcone pieno di migranti in alto mare, nel Canale di Sicilia, i militari notano un peschereccio incrociare attorno al natante su cui erano a bordo i migranti. Le regole d’ingaggio della Capitaneria di Porto prevedono che quell’imbarcazione debba essere “disattivata”: resa inutilizzabile per altri viaggi della morte. Ma, subito dopo il salvataggio, ai marinai italiani arriva un’altra richiesta di soccorso e così devono subito ripartire lasciando il barcone al suo destino. Quale? Nel reportage di Valentina Petrini per Piazzapulita (La7) vengono documentati i movimenti del natante: “lo sciacallo” attende il momento giusto, poi, una volta che la Marina italiana è lontana, prende possesso del barcone in modo da riportarlo in Libia, rivenderlo in modo che possa essere utilizzato da altri mercanti di vite umane per un nuovo viaggio. “Deve finire questo fenomeno” – denuncia un membro della Guarda Costiera – “ci fottono i barconi sotto gli occhi”
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