I poveri (nuovi e vecchi) oramai sono in Italia un numero significativo della popolazione (come recitano Istat, Censis, Caritas da qualche anno) in barba a tutte le ripresine renziane recitate alla stregua di un rosario, sordo alla realtà. Un’Italia che come una matrioska contiene in sé una Grecia silente che tutti si ostinano ad ignorare, perché in fondo – recita il cinico salmo – gli italiani “son ricchi, hanno tante proprietà, son tutti evasori”. E poi, si sa, non ci sono più le mezze stagioni. E con essa non c’è più la classe media. Milioni di persone svaporate. Perché le persone si misurano pure dai diritti (e dai doveri). E queste persone oggi non hanno più diritti o se li hanno sono virtuali.
Il diritto alla difesa è uno dei sacri diritti sanciti, scolpiti, dalla nostra Carta costituzionale (quella che questi incolti politicanti vorrebbero stracciare e riscrivere, forti della cultura pop da sagra della salsiccia) con l’art. 24. Tale diritto deve essere effettivo e non teorico. Se non posso difendermi non ho diritti. Occorre dunque essere in grado di domandare agevolmente tutela, anche dinanzi all’Autorità giudiziaria, e occorre che la risposta sia efficace. Ciò pretende l’esercizio di una difesa tecnica adeguata (ecco perché esiste l’avvocatura) al cospetto di una giustizia tecnica altrettanto adeguata (ecco perché esiste la magistratura).
L’accesso alla giustizia non dovrebbe avere sbarramenti irragionevoli e il sistema dovrebbe tutelare chi ha realmente diritto e bisognoso e sanzionare chi ha invece abusato del processo, nell’ambito del principio di responsabilità, tanto per le parti processuali, quanto per la difesa tecnica che per la magistratura (ed ecco perché la Legge Vassalli è stata appena riformata, dinanzi a 7 casi in 27 anni di condanne dello Stato – direttamente responsabile, con potestà di agire in manleva sul magistrato – che certificano una legge blindata dinanzi a decine di milioni di processi celebrati, senza che mai sia emersa neppure una colpa grave, oltre le 7).
La realtà ci ha invece consegnato in questi ultimi 3 anni misure (volute dal legislatore e poi con gioia amplificate dalla magistratura) volte a sbarrare la giustizia con alte barricate, sino a realizzare un sistema che consente l’esercizio del diritto alla difesa solo ai soggetti più forti e abbienti:
a) i costi per accedere alla giustizia (contributi unificati, marca forfettaria, tassa di registro etc.) sono quintuplicati;
b) sono state introdotte le “sanzioni pecuniarie” per chi soccombe (ossia chi perde meramente la causa!) nel codice di procedura civile (a titolo di incremento alla condanna alle spese di lite e non solo) tali da costituire non solo un deterrente (lo chiamano deflativo, assonante come l’olio di ricino) ma pur anche come monito intimidatorio;
c) sono stati introdotti ovunque filtri prima di poter iniziare la causa (mediazione, negoziazione assistita, appello e ricorso in cassazione col filtro etc.) a tal punto che potremmo avere il warning “La giustizia col filtro nuoce gravemente alla salute”;
d) è stato ampliato (senza limiti, si badi bene!) l’istituto della “responsabilità aggravata” ex art. 96 cod. proc. civ. con la previsione di un vero e proprio “danno punitivo” per le parti processuali;
e) è stata mantenuta la norma di responsabilità solidale tra le parti processuali per la tassa di registro, così che se vinci la causa ti trovi pure obbligato a versare all’erario importi che possono raggiungere migliaia e migliaia di euro (e magari non recuperi nulla dalla parte soccombente!);
f) il processo esecutivo (quello che realizza ed esegue i provvedimenti non adempiuti spontaneamente) è rimasto lungo e insidioso;
g) il gratuito patrocinio è affidato a migliaia di avvocati che lo Stato paga dopo 3/5 anni se va bene!
Oggi se non sei abbiente prima di iniziare a far valere i tuoi diritti ci pensi non una ma cento volte e infine abdichi, finendo nel limbo degli invisibili. E’ in onda “Cento sfumature di ingiustizia”. Ed i soggetti forti, furbi, disonesti festeggiano.