Dopo la freddezza iniziale, il Tesoro ha deciso che l’Italia contribuirà concretamente al piano di investimenti da oltre 300 miliardi firmato dal presidente della Commissione Ue Jean-Claude Juncker. Lo farà con 8 miliardi di euro messi sul piatto dalla Cassa depositi e prestiti, il gruppo pubblico che gestisce il risparmio postale. Una cifra importante se si tiene conto che i soldi “freschi” stanziati finora dall’esecutivo europeo ammontano a soli 13 miliardi, più 8 di risorse riallocate da altri fondi rimasti inutilizzati. L’idea di Juncker è che a moltiplicarli per 15, trasformandoli in un maxi intervento in grado di aumentare il prodotto interno lordo dell’Unione europea “dai 330 ai 410 miliardi”, ci pensi la leva finanziaria.
Si vedrà: per ora, il vicepresidente della commissione Ue Jyrki Katainen plaude all’impegno di Roma scrivendo in una nota di essere “lieto” del contributo, che rende l’Italia il quarto finanziatore del nuovo Fondo europeo per gli investimenti strategici (Feis o, in inglese, Efsi) insieme a Francia (8 miliardi), Germania (8 miliardi) e Belgio (1,5 miliardi). Il fondo, il cui regolamento ha ottenuto martedì il via libera dell’Ecofin, sarà operativo da luglio e verrà gestito dalla Banca europea per gli investimenti.
Come è noto, però, non si sa ancora quanto delle cifre a disposizione sarà destinato ai vari Paesi, che hanno presentato alla Ue una lista di progetti in diversi settori per i quali chiedono il cofinanziamento. L’obiettivo è sostenere progetti “socialmente ed economicamente validi”, senza alcuna allocazione predefinita a livello settoriale o regionale. A selezionarli, con questo criterio, sarà un comitato indipendente. L’Italia ne ha sottoposti diverse centinaia, per un valore complessivo di 87,1 miliardi di euro, un valore che ci mette davanti a Gran Bretagna, Spagna e Francia. Dalla banda ultralarga alla interconnessione elettrica Italia-Montenegro e Italia-Francia, fino ad alcune opere di risanamento ambientale dell’Ilva.