Di “un milione di posti di lavoro” abbiamo già sentito parlare. Ma questa volta a prometterli – su scala globale – è Uber, l'applicazione per smartphone che mette in contatto clienti e “driver” (solitamente i noleggi con conducente), trattenendo una commissione sulle transazioni. Oggi, in una conference call dalla California, Uber ha annunciato ai giornalisti di tutto il mondo la collaborazione con l'associazione UN Women con l'obiettivo di “accelerare le opportunità economiche per le donne”. La parte principale dell'accordo consiste nell'impegno di creare un milione di posti di lavoro per le donne come autiste Uber entro il 2020. Hanno portato la loro testimonianza Ester, che lavora a Nairobi, e Nathalie, da Londra: entrambe hanno detto di essere diventate imprenditrici di loro stesse grazie alla piattaforma californiana, che permette loro di essere economicamente indipendenti e di conciliare impegni lavorativi e vita privata. Uber sta cercando di spingere, anche grazie a queste iniziative facilmente apprezzabili dall'opinione pubblica, la liberalizzazione dei servizi di taxi. L'Italia è uno dei paesi dove l'opposizione è più forte, come dimostrano le recenti aggressioni all'ad italiano di Uber, Benedetta Arese Lucini e lo stralcio, dal Ddl Concorrenza, dell'articolo che intendeva riformare il mercato del servizio trasporto passeggeri.