Recenti leggende metropolitane vorrebbero i Fenici giunti più di duemila anni fa nella Baia di Guanabara e sulle montagne, oggi territorio del Comune di Rio. Mentre Gheddafi sosteneva che gli indiani d’America fossero libici. Ma queste sono altre storie e avrò modo di parlarne. Era solo così, per dire quanto il Brasile, come gli Stati Uniti, sia stato e sia, storicamente, terra di forte immigrazione da ogni parte del mondo, in particolare, tra l’altro, dall’Oriente medio.
Sul substrato portoghese, quello più ampio e affermato, si sono susseguite immigrazioni dall’Europa e dall’Asia a ondate. Nell’area di San Paolo, si trovano così olandesi, spagnoli, francesi, giapponesi; al sud tedeschi, siriani, libanesi, ma soprattutto italiani tra San Paolo (la più popolosa città italiana al mondo) e Rio.
Quelli che qui chiamano arabi sono giunti già dall’800 in diverse ondate, in particolare verso la fine del XIX secolo. Inizialmente provenivano da quello che era l’impero ottomano e li chiamavano dunque turchi, cosa che a molti di loro non piaceva affatto, essendo in realtà provenienti per lo più da Siria, Libano e Palestina. Alcuni musulmani, molti cristiani ortodossi. Non fu un processo facile e gli ‘arabi’ dovettero lottare per inserirsi nel diffidente tessuto sciale carioca dell’epoca. Si stabilirono nell’area che venne battezzata Saara, essendo il Sahara, nell’immaginario collettivo, il loro luogo di provenienza, anche se in realtà non c’entra quasi niente.
Il Saara è oggi un’area commerciale fondata dai primi libanesi e siriani giunti sul luogo. Così descrive il luogo un testimone diretto libanese dell’epoca, tal Safady: “All’angolo tra Rua Jose Mauricio e Rua Buenos Aires, di fronte a uno spiazzo improvvisato, si trovava un grande caffè. I tavoli erano di tipo carioca, piccoli e quadrati. Servivano caffè e altre bevande e si giocava a taulì e domino, secondo il nostro costume, con tanta gente a fare il tifo intorno ai giocatori. A un primo sguardo del panorama sembrava di essere a Beirut. Le voci alte, con accento tipicamente libanese, i narghilè col tabacco persiano sul braciere, i dolci tipici libanesi….“.
I cosiddetti arabi dovettero lavorare seriamente per affermare la propria identità, con risultati sorprendenti. Per fare un esempio il più prestigioso ospedale di tutto il Brasile è il Sírio-Libanês di San Paolo. Ma il contributo commerciale e culturale dato da queste persone è ricco e vasto. Non si contano nemmeno gli esercizi commerciali e artigianali legati a queste culture. Il Saara ancora oggi è un’area commerciale fiorente e molto pittoresca, dove tuttora si possono gustare specialità mediorientali. I negozi libanesi fanno ormai parte del patrimonio storico-culturale della città e si possono ancora trovare antichi negozi con gli arredi in legno d’epoca, che vendono caffè, sigari, tabacco, tè, cappelli, tessuti. Li gestiscono i discendenti di famiglie antiche, come ci spiega Emna al-Haje Atue Neme, elegantissima signora cinquantenne, architetto e attualmente responsabile dell’Antica Charutaria Sirya.
Sempre qui nel Saara, si sovrapposero successive immigrazioni da tutto il Mediterraneo e specialmente dal Medio Oriente, inclusi gli ebrei, soprattutto provenienti dal Marocco. A Rio de Janeiro si trova una comunità ebraica di 25/30.000 persone, molto attiva ed evoluta e fortemente legata alla tradizione religiosa e cabalistica.
Non ci sono mai state tensioni tra diverse culture e religioni. Il Brasile e Rio de Janeiro in particolare, sono una amalgama culturale ricco di problematiche di ogni tipo, ma dove le reciproche tolleranza e collaborazione non sono mai venute meno. Non si è mai nemmeno lontanamente arrivati a concepire un conflitto interetnico o interreligioso. La violenza è di pertinenza di altre situazioni anche gravi, ma non relativa alla convivenza forzata tra popoli diversi.
Il Brasile condanna severamente l’antisemitismo, e tale atto è una violazione esplicita della legge. Secondo il codice penale brasiliano è illegale scrivere, modificare, pubblicare, o vendere la letteratura che promuove antisemitismo o razzismo. La legge prevede pene fino a cinque anni di carcere per reati di razzismo o di intolleranza religiosa e dà ai giudici diritto di multare o incarcerare da due a cinque anni chiunque mostra, distribuisce, o trasmette materiale antisemita o razzista. Nel 1989, il Senato brasiliano ha approvato una legge che vieta la fabbricazione, commercio e distribuzione di svastiche al fine di diffondere il nazismo. Chi infrange la legge rischia di scontare una pena detentiva da due a cinque anni.
Secondo una relazione del Dipartimento di Stato l’antisemitismo in Brasile è rarissimo. Lo stesso vale per altre forme di razzismo. Si tratta di una società fortemente classista, ma non razzista, anche se è vero che la maggior parte dei poveri sono discendenti degli schiavi (avrò modo di tornare sull’argomento). Ma la fusione tra colori di pelle diversi è antica ed è in forte aumento la mescolanza tra classi e culture anche molto diverse.
Non lesino mai critiche al Paese e al suo governo, pieni di lacune e zone d’ombra, ma su questo fronte il Brasile potrebbe essere un esempio felice per tutto il mondo. Chiunque venisse a Rio o in un’altra metropoli internazionale brasiliana potrebbe vivere e assaporare un’atmosfera di convivenza pacifica tra i popoli che, in un ambiente simile, hanno oltretutto la possibilità di esprimere profondamente la propria creatività, ognuno a suo modo.