Undici mesi dopo la caduta della norma che vietava la fecondazione eterologa – 9 aprile 2014 – alla clinica di Roma Alma Res Fertility sono stati appesi un fiocco azzurro e uno rosa. I primi due bambini nati con ovociti da donatrice italiana. Grande è la gioia della neomamma, una donna di 47 anni, e del direttore del centro della fertilità Professor Bilotta che ha annunciato a breve altre due nascite sempre da fecondazione eterologa, sempre grazie a donatrici volontarie che hanno donato i propri ovociti.
Chi invece grida allo sfruttamento del corpo delle donne per la presunta compravendita di gameti è ancora una volta la vicepresidente della commissione Affari Sociali Eugenia Roccella, già apologeta della più controversa legge della storia repubblicana – la legge 40 – smontata a colpi di sentenze nei tribunali per ben 33 volte. Un divieto, quello dell’eterologa, che nessuna legge avrebbe dovuto sancire.
Perché non c’è alcuna prova che i figli nati da eterologa siano infelici.
Perché non c’è nessuna finzione nella scienza al servizio delle donne e degli uomini che desiderano un figlio, per rispondere a Politi che stigmatizzava l’eterologa. Il riduzionismo biologico dell’essere madre o padre con l’eterologa si evolve e diventerebbe cristianamente accogliente.
L’identità di una persona non è lo screening dei suoi geni ma molto di più. L’identità è come quella persona si percepisce all’interno di un gruppo sociale attraverso la propria formazione e la propria cultura. È ciò che il contesto culturale gli rimanda. È il risultato del nostro ruolo nella società, non certo e non solo dell’origine dei nostri geni.
Perché allora, con questo parametro, bisognerebbe tutelare anche chi crede nella reincarnazione: hanno pur diritto, loro, di sapere come è avvenuta la trasmigrazione dell’anima e chi erano nella vita precedente!