“Ci vuole la formazione di una nuova classe dirigente, soprattutto di una nuova cultura politica che si lasci alle spalle quello che è accaduto in questi anni”. Così il professore Enzo Ciconte, docente universitario e studioso di mafie italiane, commenta le recenti azioni di repulisti e di commissariamento operate dai partiti locali, alla luce dell’inchiesta della Procura di Roma denominata “Mafia Capitale”. “L’idea non può essere quella di mettere in piedi un partito con l’obiettivo di vincere – ha detto Ciconte, inaugurando il corso di Criminalità Organizzata all’Università Roma Tre – perché la domanda che viene dopo è: “Vincere con chi? E per fare che cosa?”. Secondo il professore, che per primo ha approfondito il fenomeno mafioso della ‘Ndrangheta, “bisogna fare in modo che tutti i partiti, a cominciare dal Pd, aprino una discussione di verità sul loro rapporto con la città e con le forze criminali”. “Sostituendo una persona con un’altra nel giro di 15 giorni – ha spiegato – il problema non verrà risolto”. Riguardo il negazionismo che ha caratterizzato tutte le mafie dagli anni Settanta ad oggi, Enzo Ciconte ha parlato di un “corto circuito” tra i cittadini medi, “che pensano che parlare di mafia nella propria città significa essere essi stessi infangati”, e chi ha interessi legati alle azioni criminali. Mafia Capitale esiste, ribadisce il professore, “usa il meccanismo dell’intimidazione e non ricorre alle armi”, come invece hanno fatto le mafie del Sud d’Italia. Ma gli interlocutori dell’organizzazione “sanno benissimo che, se necessario, anche i mafiosi di Roma arrivano ad usare la violenza” di Paola Mentuccia
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