Il padre dell'undicenne è stato arrestato e rinchiuso nel carcere di Poggioreale con l'accusa di violenza sessuale su un minore e detenzione di materiale perdopornografico. L'agente che gli ha messo le manette ai polsi: "Bisogna ancora accertare se sia riuscito a vendere le prestazioni del minore in rete"
Sono servite tre ore prima che il piccolo spiegasse allo psicologo e all’assistente sociale cosa fossero “le cose strane”. All’inizio non voleva parlarne. Ha solamente disegnato, in silenzio, davanti alla mamma e al fratello più grande. Poi pian piano ha raccontato cosa ha dovuto subire per oltre un anno. Lo ha fatto con le parole dei bambini, che forse, per chi deve ascoltarle, suonano ancora più crude di quelle degli adulti quando si tratta di violenze sessuali e abusi. Non ha parlato del resto, però. Quello non poteva conoscerlo. Non poteva immaginare che il suo papà fotografava le “cose strane” che facevano insieme e poi gettava le immagini in pasto al web: per invogliare la rete di pedofili nella quale questo 44enne di Napoli sguazzava a comprare le prestazioni sessuali del figlio, che a soli 11 anni, ai suoi occhi, non era solo un passatempo, ma anche una fonte di guadagno.
Quest’ultima parte della storia – raccontata da Il Mattino – l’hanno scoperta gli agenti della Polizia Municipale che hanno arrestato il padre, ora rinchiuso nel carcere di Poggioreale con l’accusa di violenza sessuale su un minore e detenzione di materiale perdopornografico. Le indagini sono scattate qualche settimana fa: delicate, lunghe, minuziose. Gli uomini del Nucleo tutela minori hanno creato falsi profili in rete. Hanno agganciato il 44enne e gli sono stati alle calcagna per oltre un mese. Fino a quando si sono dimostrati interessati alla sua “merce”. A identificarlo non hanno impiegato molto: risaliti al suo nickname, lo hanno incrociato con diversi profili utilizzati su altri social network, e in questo modo hanno avuto in mano un nome e un cognome.
La trappola è scattata immediatamente: gli agenti lo hanno contatto al telefono, hanno organizzato un falso incontro e gli hanno stretto le manette ai polsi. A eseguire l’arresto è stato il capitano Sabina Pagnano che a ilfattoquotidiano.it ha spiegato “che il lavoro prosegue, perché bisogna ancora accertare se l’uomo sia riuscito a vendere le prestazioni del figlio sul web”. Di sicuro i suoi contatti in rete erano tanti e ben avviati, come dimostra la quantità di materiale pedopornografico che è stato trovato nella casa del quartiere periferico di Napoli, dove il 44enne viveva con i due figli e la moglie che giura di non essersi mai accorta di niente e di essere svenuta al momento dell’arresto del marito. “L’importante è essere riusciti a fermarlo e aver protetto il bambino – ha raccontato il capitano Pagnano – quando lo abbiamo arrestato è crollato e ha ammesso subito alcune cose. Il piccolo invece non voleva parlare. Ma poi finalmente si è sfogato. Dovrà affrontare un lungo percorso, ma almeno adesso è libero”.