Una Rai libera dai partiti, un cda più snello, un vero capo azienda, scelto dal governo, al posto dell’attuale direttore generale. E’ questa la nuova governance immaginata da Matteo Renzi su cui i parlamentari del Pd hanno discusso fino a tarda notte in una riunione convocata nella sede del partito a Roma. Il servizio pubblico non più lottizzato, ma condizionato da chi siede a palazzo Chigi. “Non si ritorna a cinquanta anni fa, non c’entra con la maggioranza, la Rai è un’azienda pubblica, stiamo pensando ad un impresa efficiente, indipendente dalla politica, non dal governo sotto il profilo aziendale, dove i soldi degli utenti siano ben spesi – replica il deputato Ettore Rosato – come per Eni e per Finmeccanica, il manager indipendente è quello che rende bene e lavora per l’azienda, è questa la logica dietro questa riforma”. Fino adesso però nulla richiama il tanto sbandierato modello Bbc a cui Renzi dice di ispirarsi. “Non ho un preconcetto su un manager scelto dal governo, l’importante è che ci siano dei contrappesi, un comitato, il parlamento, rappresentanti degli abbonati, stiamo andando oltre il presidenzialismo oramai” afferma Corradino Mineo. “E poi nessuna riforma della Rai dovrebbe essere varata senza una legge sul conflitto d’interessi e regole antitrust serie, perché adesso abbiamo un presidente del Consiglio che è un politico puro, ma le leggi valgono anche per il futuro, non solo per la contingenza” specifica il senatore dem di Irene Buscemi