Rigettato il ricorso sulla sentenza d'appello. Non fu concussione per costrizione e non fu prostituzione minorile. Si chiude così il processo in cui l'ex premier in primo grado era stato condannato a 7 anni. L'avvocato Coppi: "Grande vittoria"
Non fu concussione per costrizione e non fu prostituzione minorile. Silvio Berlusconi esce assolto dall’affaire del bunga bunga che ha generato il processo Ruby, il processo Ruby bis (tre condanne in appello) e l’inchiesta Ruby ter.
La Cassazione, dopo una camera di consiglio durata oltre nove ore, ha confermato la sentenza di appello che, il 18 luglio scorso, aveva ribaltato quella di primo grado, in cui l’ex premier era stato condannato dal tribunale di Milano a sette anni (sei per la concussione e uno per la prostituzione). Dopo il terzo grado di giudizio, dunque, nulla di fatto. Resta solo il ciarpame denunciato mesi prima dall’allora moglie Veronica Lario.
Il procuratore generale della Cassazione, Eduardo Scardaccione, aveva chiesto di annullare l’assoluzione incassata in secondo grado da Silvio Berlusconi (leggi). L’accusa riteneva “pienamente provate” le accuse, la concussione per costrizione e la prostituzione minorile, a carico dell’ex premier. Nessun dubbio, per il pg, sulla consapevolezza della minore età di Ruby, anche perché quella per le minori era una “passione del drago“ ha sottolineato Scardaccione citando Veronica Lario. E poi “l’episodio nel quale Silvio Berlusconi racconta che Ruby è la nipote di Mubarak è degno di un film di Mel Brooks e tutto il mondo ci ha riso dietro”.
La telefonata dell’allora presidente del Consiglio, nella notte tra il 27 e il 28 maggio del 2010, al capo di gabinetto della Questura di Milano Pietro Ostuni, fatta mentre era in visita ufficiale a Parigi, per l’accusa aveva avuto l’effetto di esercitare “una pressione irresistibile ed è stata di una violenza grave, perdurante e inammissibile per la sproporzione” tra la persona che chiamava e quella che riceveva la chiamata. Secondo il pg, “non c’è alcun dubbio sul fatto che ci sia stata costrizione e che abbia” così ottenuto che una ragazzina che partecipava alle serate ad alto contenuto erotico di Arcore potesse lasciare gli uffici della Polizia invece di finire, come previsto dalle legge, in una comunità.
È proprio sulla concussione come è stata circoscritta dalla legge Severino che si è emesso il verdetto. In secondo grado la norma aveva giocato a favore dell’ex Cavaliere proprio per l’interpretazione che ne aveva fornito la Suprema Corte a sezione Unite, fissando paletti precisi sulla definizione di violenza come limitazione radicale della libertà. E di quel verdetto era stato relatore proprio Nicola Milo, presidente della VI sezione che oggi ha deciso sul destino dell’ex Cavaliere. Per quanto riguarda la prostituzione minorile è evidente che ai giudici di legittimità, come del resto a quelli di secondo grado, non sono bastate le tanti notti passate dall’allora 17enne ad Arcore come testimoniato dai tabulati telefonici, le intercettazioni telefoniche, le testimonianze (non quelle delle Olgettine) che descrivevano la invano spacciata nipote del presidente egiziano Hosni Mubarak come una ragazzina vestita di stracci che all’improvviso vestiva come una principessa.
A incidere, oltre alla norma che porta il nome dell’ex ministro della Giustizia del governo Monti, anche la riqualificazione del reato imposta dal collegio, tutto la femminile, del Tribunale. Il procuratore aggiunto Ilda Boccassini e il pm Antonio Sangermano avevano contestato al leader di forza Italia la concussione per induzione, proprio in base alla nuova legge, mentre i giudici di primo grado avevano ritenuto che la telefonata della Questura potesse essere considerato un atto in grado di limitare la libertà di chi l’aveva ricevuta. Quell’imputazione quindi è poi rimasta tale e sia il sostituto procuratore generale di Milano che il procuratore generale della Cassazione hanno dovuto mantenerla.
Infine l’avvocato. Franco Coppi non è riuscito a farlo assolvere nel caso Mediaset, ma il cambio di strategia avvenuta già in secondo grado con l’ammissione che sì quelle cene non erano proprio eleganti, ma che il suo imputato nulla sapeva della minore età della marocchina, ha avuto infine i suoi frutti. “La decisione dei giudici cancella qualsiasi discussione, comprese anche quelle che si erano sviluppate dopo le dimissioni del presidente della Corte di Appello (Enrico Tranfa, ndr). Si è trattato di una sentenza meditata, come testimonia la camera di consiglio durata 9 ore. È una grande vittoria, siamo molto soddisfatti”. ”
La sentenza della Corte di Cassazione chiude definitivamente un lungo processo, tanto penoso per il presidente Berlusconi – dichiarano Coppi e anche Piero Longo, Niccolò Ghedini e Filippo Dinacci – quanto impegnativo per gli avvocati. Torna la serenità, con la soddisfazione di tutti quelli che non hanno mai creduto all’originale ed azzardato impianto accusatorio“.