Il capo di imputazione cambiato dai giudici di primo grado, la legge Severino, una sentenza a sezioni Unite della Cassazione e infine un avvocato degno della logora ma efficace definizione di principe del foro. In attesa delle motivazioni dei supremi giudici che ieri pochi minuti prima della mezzanotte hanno confermato l’assoluzione già incassata in secondo grado da Silvio Berlusconi, si può solo ragionare mettendo in fila i fatti.
In principio fu il “ciarpame”. C’era un castello (Arcore), un drago (Berlusconi) appassionato di “vergini” (se così possiamo chiamare le Olgettine). La visione “romantica” di Veronica Lario è diventata ben presto un’inchiesta della Procura di Milano perché dall’oggi al domani una ragazzina marocchina vestita di stracci, così la descriveva una testimone nel processo di primo grado, all’improvviso vestiva da principessa e parlava del suo principe come di “Gesù”. Del bunga bunga si sa quasi tutto, ma soprattutto che non erano le cene eleganti che prima l’ex Cavaliere, poi i suoi avvocati Ghedini&Longo hanno invano tentato di accreditare.
Uscirne non sarebbe stato facile, ma il destino, diciamo così, ha giocato a favore dell’ex Cavaliere. Il procuratore aggiunto Ilda Boccassini e il pm Antonio Sangermano le prove le hanno raccolte e tante: testimonianze, intercettazioni, bonifici… e hanno, a seguito dello spacchettamento del reato di concussione in due (per costrizione e per induzione) causa legge Severino, contestato all’imputato il 319 quater, ovvero la concussione per induzione. Quando l’allora presidente del Consiglio chiamò la Questura e ottenne la liberazione della presunta nipotina dell’allora presidente egiziano, Hosni Mubarak, non esercitò una violenza bensì una persuasione. Ma i giudici di primo, condannando l’imputato a 7 anni, avevano riqualificato il reato aggravandolo dall’induzione alla costrizione. E così che anche in secondo grado l’accusa non poteva che essere quella.
Ad accorgersi che la nuova legge avrebbe potuto minare il processo Ruby, ma anche tanti altri era stato già nel maggio del 2013 Raffaele Cantone, all’epoca magistrato della Cassazione. Poi era arrivata la sentenza a sezioni Unite della Cassazione che fissava paletti insormontabili rispetto l’accusa di concussione per costrizione parlando di una limitazione radicale, fisica della libertà di chi subisce il reato. E sicuramente quello non era il caso del capo di Gabinetto, Pietro Ostuni, che fece sì 14 telefonate in 20 minuti per rassicurarsi che Karima El Mahroug fosse rilasciata, ma che ha testimoniato di non aver subito nessuna pressione. Un argomento utilizzato dall’avvocato Franco Coppi che nell’arringa davanti ai giudici d’appello aveva parlato di un favore fatto a un uomo potente. E i favori non sono reato.
Non solo il legale ha cambiato verso, lui sì che ci è riuscito, alla strategia difensiva. Ghedini e Longo avevano impostato tutto sulla fiaba delle cene eleganti, avevano gridato allo scandalo per quell’imputazione. Invece Coppi, abituato anche all’uso dell’ironia oltre che del diritto, ha mostrato il bunga bunga così com’era. Ad Arcore, come ha detto anche ieri davanti agli ermellini, c’è stata prostituzione ma Berlusconi non era consapevole della minore età di Ruby Rubacuori. E così che con una legge malfatta, un capo di imputazione cambiato, un principe del foro che quel ciarpame è finito con una assoluzione definitiva. Verdetto che potrebbe avere, almeno per quanto riguarda la posizione di Berlusconi, un riverbero anche sull’inchiesta Ruby ter per corruzione in atti giudiziari. Se non ci fu concussione, se non ci fu prostituzione minorile perché Silvio avrebbe dovuto corrompere le Olgettine e tutti gli altri?