Subito dopo l'assoluzione della Cassazione i fedelissimi si erano scatenati: "Chi risarcirà la sofferenza e i danni a Silvio Berlusconi?", e Renato Brunetta, capo gruppo alla Camera, più di tutti: "Mi verrebbe da dire, ma non sono un giurista, e adesso azione di responsabilità civile nei confronti di quei magistrati che hanno abusato della legge"
Subito dopo l’assoluzione della Cassazione i fedelissimi si erano scatenati: “Chi risarcirà la sofferenza e i danni a Silvio Berlusconi?”, e Renato Brunetta, capo gruppo alla Camera, più di tutti: “Mi verrebbe da dire, ma non sono un giurista, e adesso azione di responsabilità civile nei confronti di quei magistrati che hanno abusato della legge”. E oggi dall’Associazione nazionale magistrati arriva la risposta: “Chi invoca la responsabilità civile è veramente fuori strada”. dice il presidente Rodolfo Sabelli, intervistato da Sky Tg 24. “Non vorrei che si utilizzasse questa assoluzione in chiave di attacco alla magistratura. Sarebbe una cosa profondamente sbagliata”.
Sull’argomento dice la sua anche l’ex pm Antonio Di Pietro ed ex parlamentare Idv: “La legge sulla responsabilità civile dei magistrati infatti, sia quella che c’era sia quella appena approvata, non c’entra assolutamente nulla con l’esito processuale finale in quanto la responsabilità civile dei magistrati si può applicare solo in caso di colpa grave, dolo o violazione della legge. Nel caso di specie, invece, si è trattato soltanto di una diversa interpretazione della legge esistente da parte di giudici diversi, più precisamente l’articolo 317 del codice penale, nel senso che legittimamente, i magistrati inquirenti e i giudici di primo grado hanno ritenuto sussistere anche la minaccia implicita nel comportamento dell’allora presidente del Consiglio mentre per la Corte di Appello e la Cassazione si è trattato solo di un fatto commesso senza toni minacciosi evidenti e quindi è stata pronunciata la sentenza di assoluzione. Come si vede – prosegue – entrambe le interpretazioni sono rispettabili ma, nel caso di specie, va preso atto che l’ultima decisione è quella che vale ed essa fa stato e rispettata. Senza strumentalizzarla, però, né utilizzarla per finalità vendicative”.