Chi sta bonificando la discarica di Pitelli a La Spezia? Il geologo Iacopo Tinti, braccio destro di Orazio Duvia, patron della discarica che, secondo la procura di La Spezia, avrebbe fatto da trait d’union tra la politica e la criminalità organizzata trasformando quell’area in un vero e proprio contenitore naturale di veleni. Fu lo stesso Duvia a confessare agli inquirenti di avere “sistematicamente corrotto – scrissero i magistrati – funzionari istruttori, dipendenti di enti pubblici, partiti, politici con ruoli decisionali”. Anche se poi dal processo ne è uscito pulito: dopo 15 anni di inchieste (la discarica è stata messa sotto sequestro nel 1996) e una serie di reati falcidiati dalla prescrizione è infatti arrivata nel 2011 l’assoluzione per l’unico reato rimasto in piedi: il disastro ambientale. Tinti era all’epoca il consulente ambientale di Duvia per la discarica e adesso è il direttore dei cantieri di bonifica, colui che analizza le terre per il riempimento delle vasche. Nulla di strano, però. Perché la legge lo permette.
“Il riutilizzo? Con le leggi di Letta e Renzi basta autocertificazione”
In particolare si tratta del decreto ministeriale 161 del 2012 e l’articolo 41 bis del decreto “del fare” del governo Letta, che hanno riclassificato terre e rocce di scavo, non più come rifiuto, ma come sottoprodotto. “Il riutilizzo – spiega a ilfattoquotidiano.it Marco Grondacci, giurista ambientale e consulente di Legambiente per il caso Pitelli – avviene con semplice autocertificazione dei proponenti e un parere dell’Arpa. Nel caso di Pitelli, per caratterizzare i materiali scavati, sono stati presi in considerazione solo una parte dei limiti inquinanti previsti dalla normativa sulle bonifiche e cioè quelli che riguardano i terreni. Non sono stati utilizzati quelli previsti per le acque sotterranee”. Questo accade nonostante la Corte di giustizia europea abbia già condannato l’Italia nel 2007 per una normativa precedente molto simile, affermando che per il riutilizzo di terre e rocce sia “necessario il deposito a tempo indeterminato dei materiali”. Con lo Sblocca Italia, approvato a fine 2014, potrebbe andare anche peggio. “Il decreto – spiega Grondacci – nel silenzio anche dei commissari della commissione parlamentare di inchiesta sui rifiuti, ha previsto di applicare le procedure semplificate in materia di appalti pubblici per lo svolgimento delle gare di assegnazione dei lavori di bonifica sia nei siti di interesse nazionale sia in quelli di interesse regionale”. Il punto però è anche un altro e scavalca i confini spezzini. “Questa normativa – spiega Grondacci – sta portando verso una progressiva privatizzazione dei controlli pubblici in materia ambientale. E questo è pericoloso”.
La collina “dei poeti” è diventata “dei veleni”
A La Spezia, tutto questo, assume il sapore della beffa. La storia della discarica Pitelli, infatti, è un rullino di paradossi e non-sense. A partire da quella concessione edilizia del 1976 per la realizzazione di una discarica di 6 ettari in una zona a vincolo paesaggistico, dove a malapena si poteva raccogliere un fiore: area Ruffino-Pitelli, collina che si affaccia sul Golfo dei Poeti, a due passi dalla Cinque Terre (patrimonio Unesco) e dal centro abitato. È diventata prima una discarica per inerti, poi per scarti di lavorazioni industriali. E, alla fine, vi è stato sotterrato di tutto. Vasche piene di veleni: 18mila tonnellate di scorie prodotte dagli inceneritori, 5mila tonnellate di ceneri, scarti d’alluminio, tonnellate di fanghi di depurazione da un complesso chimico-farmaceutico, scorie alcaline, benzene, amianto e molto, molto altro. Da collina “dei poeti” è diventata “dei veleni”: in seguito furono aperte nella stessa zona anche altre discariche.
Un disastro impunito: 82 imputati, nessun colpevole
Ci fu anche una morte sospetta: nel 1984, un operaio fece cadere, non volendo, un fusto da cui uscì una nube giallognola. Alcuni giorni dopo morì, ma nessuno dispose l’autopsia. Con il processo è arrivato un altro schiaffo: 82 imputati, 11 a processo e nessun colpevole. Ma non finisce qui. Nel 2011 sono iniziati i lavori per la messa in sicurezza permanente; progetto dello stesso Tinti, approvato dal ministero dell’Ambiente. Non si tratta di una bonifica vera e propria, ma, forse, di meglio non si poteva ottenere dal momento che i costi per la rimozione di centinaia di migliaia di tonnellate di immondizia e materiali chimici sarebbero stati proibitivi e che comunque si sarebbero dovute trovare altre discariche in grado di accoglierle. I rifiuti verranno quindi semplicemente coperti, sigillati, dimenticati. Sotto un terreno che rimarrà il simbolo del disastro impunito.
Il Comune: “Tutto sotto controllo”
Prima sono stati demoliti gli impianti e adesso siamo alla fase del riempimento delle vasche con le terre. Per intendersi, quelle che analizza il consigliere di Duvia. “Dopo 16 anni sotto inchiesta – assicura il geologo a ilfattoquotidiano.it – state pur tranquilli che non c’è la minima intenzione di impelagarsi nel rischio di illeciti. In ogni caso anche Arpal esprime il suo parere preventivo. Quindi perché accanirci contro la discarica Pitelli, quando è una delle poche aree Sin (adesso Sir, ndr) che ha iniziato la bonifica? Perché non indagate sulle altre?”. Tradotto: tranquilli, le terre non sono inquinate. Il Comune di La Spezia non sembra essere preoccupato. Avrebbe infatti la possibilità di chiedere che le analisi non siano fatte da privati, ma dall’Arpal con la supervisione di un tecnico concordato con cittadini e associazioni ambientalisti. Ma non lo fa. “Non c’è rischio che si ripeta quanto accaduto in passato – chiarisce l’assessore all’ambiente e ai rifiuti, Davide Natale – Abbiamo attivato anche un protocollo con Arpal, polizia municipale e provinciale e guardia forestale e i controlli vengono fatti continuamente. La discarica Pitelli è sotto controllo“.