I magistrati contabili invitano la tv di Stato a contenere i costi di produzione e a migliorare la proposta editoriale per recuperare ascolti
“E’ da tenere sotto osservazione” il volume dei debiti finanziari della Rai verso le banche che nel 2013 era di 442,9 milioni di euro contro i 371,6 milioni del 2012. E’ quanto rileva la Corte dei Conti nella relazione sulla televisione di Stato per l’esercizio 2013 chiuso con un utile di 4,3 milioni di euro contro la perdita di 245,7 milioni di euro del 2012. I magistrati contabili, in merito al “rilevante” volume dei debiti finanziari, osservano quindi che “la situazione è da tenere sotto osservazione, anche in considerazione dell’aumento complessivo dei debiti e del loro valore elevato rispetto alla consistenza del patrimonio netto” che nel 2013 ha raggiunto l’importo di 298,4 milioni di euro.
Per quanto riguarda la gestione 2013, poi, la Corte dei Conti sottolinea che “ha risentito positivamente del venir meno dell’onere per i grandi eventi sportivi che aveva connotato il 2012, ma anche dei risparmi, nei costi operativi ed in quello per il personale, pari, complessivamente, a oltre 60 milioni di euro per il gruppo ed a circa 50 milioni di euro per la capogruppo”. I magistrati contabili sottolineano quindi “l’esigenza di un contenimento dei costi, e soprattutto di quelli della produzione. Contenimento dei costi da coniugare con un adeguamento della proposta editoriale per il recupero degli ascolti delle reti generaliste e con un più penetrante ingresso in settori del mercato, quali il web, anche allo scopo di generare nuove opportunità commerciali”.
Nella prospettiva della riduzione dei costi di produzione, “si inscrive la liquidazione o l’incorporazione di talune società controllate”. La Corte, pur costatando la diminuzione delle società (da 8 del 2010 a 5 nel 2013), rappresenta “l’esigenza di una rigorosa verifica della attuale necessità delle stesse, tenuto conto che l’apporto complessivo delle controllate risulta modesto, in quanto, ad eccezione di Rai Pubblicità, la quasi totalità del fatturato è verso la Rai, senza alcuna significativa espansione all’esterno del perimetro delle attività”. La Corte, infine, “ribadisce l’esigenza che si attivi ogni misura organizzativa, di processo e gestionale, idonea ad eliminare inefficienze, proseguendo nel percorso di internalizzazione delle attività e concentrando gli impegni finanziari sulle priorità effettivamente strategiche”.
Tanto più che i ricavi di viale Mazzini derivanti dal canone “sono cresciuti nel 2013 di circa 7,9 milioni di euro” ma ad un livello inferiore rispetto agli anni immediatamente precedenti: circa 40 milioni di euro nel 2012 e 28 milioni di euro nel 2011. “E’ noto che tali ricavi – sottolineano i magistrati contabili – sono notevolmente compromessi dalla dimensione dell’evasione, stimata nell’ordine del 26% circa, superiore per quasi 19 punti percentuali rispetto alla media europea”.