L’auditorium della fiera di Verona è pieno. Un migliaio di persone radunate in meno di due giorni. Non male come prova muscolare quella con cui Flavio Tosi ha lanciato la propria candidatura. Parte da qui, dalla sua città, la corsa solitaria del sindaco ribelle alla poltrona di governatore della Serenissima, al grido di “paroni a casa nostra”. Una corsa contro il governatore uscente Luca Zaia e, soprattutto, contro la Lega di Matteo Salvini, reo di averlo messo alla porta “come nemmeno Renzi avrebbe mai fatto con la propria minoranza di partito”. In platea ci sono i suoi fedelissimi, i tosiani convinti, tanti ex leghisti, gente a cui non sta piacendo il nuovo corso della Lega, troppo lontana dagli ideali di Miglio e del Bossi autentico. Poi i soliti curiosi e anche qualche contestatore che viene subito isolato dalla sicurezza.
“Dopo 25 anni di storia nella Lega, la Lega diventa una famiglia, un mondo in cui hai i tuoi legami, gli affetti, sono pagine difficili da chiudere…”. Esordisce così Flavio Tosi, con il fiatone e la voce rotta dall’emozione. Ci tiene a chiarire bene da dove viene e quali sono i valori a cui non intende rinunciare: “Gli ideali non si cancellano – dice -. Restano e resteranno per sempre gli ideali della mia vita”. Si professa politicamente libero (perché qualcuno ha scelto così) e “da uomini liberi siamo qui per candidarci a governatore della Regione Veneto”. Ripartendo da quegli ideali di autonomia, federalismo e liberismo che hanno contraddistinto l’agire politico del Carroccio e del Veneto.
Matteo Salvini intanto osserva da vicino. È lui, almeno nell’immediato, a dover rincorrere. Nella giornata di venerdì, in occasione della conferenza stampa seguita al consiglio federale è apparso molto nervoso. Un’agitazione tradita dal movimento inquieto delle gambe e dallo sguardo perso nel vuoto. E come dargli torto. Mentre Tosi a Verona arringa il suo popolo, lui è costretto a mettere le tende in Veneto. Due giorni al fianco di Luca Zaia, per recuperare il terreno perso e ribadire la bontà della proposta leghista: “Non mi interessano le beghe. Nessun rancore, a Tosi faccio i miei migliori auguri”, ripete come un mantra il segretario leghista. Sa che la rottura con Tosi rappresenta il più grande azzardo della sua vita politica. Dopo settimane di successi e di crescita incontrastata si trova per la prima volta a fare i conti con un vero avversario. Qualcuno in grado di tenergli testa e di rubargli quella visibilità di cui si è nutrito in maniera bulimica per mesi, collezionando un numero impressionante di apparizioni mediatiche.
Ora che la rottura è stata consumata e officiata, la lotta sarà tutta da giocare in campo aperto. La partita di Salvini e Zaia sarà giocata tutta sulla concretezza dei risultati ottenuti “dal miglior governatore d’Italia”. Manca un mese e mezzo alle elezioni. Quaranta giorni in cui Salvini dovrà riuscire a convincere i veneti della bontà della propria scelta. Dall’altro lato Flavio Tosi dovrà invece riuscire a trovare dei temi forti e delle parole d’ordine credibili, in grado di marcare la distanza dalla proposta leghista. Nel medio periodo non gli sarà sufficiente proporsi come il leghista “moderato e rispettoso”. Non gli basterà criticare i modi e i toni rudi di Salvini. Se vorrà riuscire ad essere incisivo dovrà riuscire a rappresentare una vera alternativa anche nei contenuti. Quale è oggi la proposta politica di Tosi? Una domanda a cui non è facile rispondere. Dal palco della sua kermesse veronese ha attaccato il leader del Carroccio perché le sue proposte sono demagogiche: “Non si può grattare la pancia alla gente andando dietro alla moda del grillismo”, bocciando in una sola mossa due dei capisaldi della proposta salviniana: la flat tax e l’idea di abbandonare la moneta unica, salvo poi ribadire nei fatti che “l’Euro ha fatto molti danni” e che “le tasse vanno abbassate, partendo però dal taglio della spesa pubblica”. Rivendica l’autonomia del Veneto dalle decisioni lombarde e si propone con lo slogan “Flavio Tosi per l’Italia intera”.
Se per Salvini non sarà facile far digerire ai veneti la rottura con il sindaco scaligero (rottura che, nei fatti, è già costata alla Lega la guida della principale città amministrata dal centrodestra), Tosi dovrà riuscire in poche settimane a crearsi un’identità e ad imporla. Sono tante nella storia politica del nostro paese le scissioni eccellenti che hanno prodotto risultati molto al di sotto delle aspettative, partendo da Fini per arrivare ad Alfano. Chi si frega le mani è la candidata del Pd Alessandra Moretti che, da sfidante perdente, se ne sta comodamente seduta alla finestra ad osservare la baruffa nel pollaio del vicino. E con l’innesto della variabile Tosi anche lei inizia a credere potersi giocare la partita.