Tra una villa palladiana e l’altra non ci sono solo le scatole in cemento di insignificanti centri commerciali ad interrompere lo stupore per la bellezza architettonica disegnata dal genio veneto. Tra un pendio coltivato a vite e il castello piemontese all’orizzonte non ci sono solo i soliti anonimi condomini ad inquinare l’armoniosità della collina astigiana. Tra l’acropoli e la spiaggia siciliana in fondo alla provinciale non incontriamo solo case abusive cresciute tra fichi d’india e piante di capperi spontanei. No. A deturpare il paesaggio in modo tanto disordinato quanto invadente ci sono anche le centinaia di migliaia di cartelli pubblicitari disseminati lungo tutte le strade italiane. Le banchine delle vie panoramiche che talvolta seguono con rispetto e dolcezza la morfologia del nostro territorio sono ridotte a supporto per tralicci in metallo di ogni forma e dimensione.
Se poi siamo in campagna elettorale ci scrutano tanti bei faccioni dai pali dei lampioni. Ed ovviamente dobbiamo aggiungere le ordinarie indicazioni stradali! Ma è così dappertutto? No. Basterebbe andare Oltralpe. La Francia, la Svizzera, l’Austria e la Germania non li hanno mai lasciati proliferare. Oppure restare in Italia, ma in Trentino, e percorrere la Val Pusteria o altre valli altoatesine, dove lo scempio pubblicitario è vietato. Il legislatore italiano non ci pensa. Anzi, visto che gli impianti delle altre regioni sono installati ai sensi della normativa vigente (quando non sono abusivi), è stato lo stesso legislatore a rendere possibile la mutazione in peggio del panorama di cui gode l’automobilista.
Eppure ci sarebbero tutti i motivi per far partire una campagna nazionale per ripulire le strade dalla bruttezza dei cartelloni: perché sono pericolosi per la circolazione; perché possono ostruire le vie di fuga laterali; perché sono illeggibili, con scritte piccole o nudi distraenti; perché si confondono con la segnaletica stradale; perché quelli abusivi, sono spesso pericolanti; perché il nostro paesaggio è tutelato dalla costituzione. Perché, banalmente, un Paese più bello attrae più turisti e migliora la qualità della vita, di un viaggio quotidiano o di un viaggio di piacere. Servirebbe solo un po’ di buon senso.
Il Fatto Quotidiano, 9 marzo 2015