L’idea dell’uomo solo al comando, del pastore che guida e della claque che segue e inneggia, non è solo coincidente con l’identità del nostro premier. E’ divenuto oramai il tratto comune della legislazione renziana. Le cose funzionano, o funzioneranno, solo se esiste un monarca, un decisore che sceglie, approva, disapprova. Accusa e assolve. Lui e lui solo.
E’ vero, per troppi anni siamo stati una democrazia paludata e le inefficienze erano il frutto di responsabilità mai chiarite, di conflitti tra funzioni, uffici, profili personali e incarichi che si sovrapponevano. Ma adesso Matteo Renzi butta via con l’acqua sporca anche il bambino.
Prendiamo la scuola. Il preside, che finora era stata una figura rispettata, un primus inter pares, diverrà il padrone della ferriera. Lui sceglierà i docenti bravi, boccerà i cattivi, premierà o penalizzerà. E’ facile immaginare cosa sarà domani: molti servi sciocchi, molti furbi che si trasformano in bravi, e umilianti file davanti allo sportello del capo. Che sceglierà a chi dare l’obolo e a chi negarlo. Solo uno su venti ce la farà. A giudizio insindacabile del capo.
Sarà una buona scuola? Una scuola migliore di questa? Facile prevedere di no. C’è un’ossessione, che come ogni ossessione lascia fuori dalla porta la ragione e la prudenza, a stabilire che il salvatore della Patria debba essere il manager. Un manager per la scuola, un manager per la Rai, un manager per le Sovrintendenze e i musei. Un manager per i comuni. Un manager dovunque e comunque.
Escludendo il fatto che di manager miserabili e truffatori abbiamo perso il conto e, volessimo comunque dare un numero, sarebbero al massimo pari con quelli bravi, la domanda è: ma chi li forma questi manager? Quali prove passano? Dov’è certificata la loro sapienza?
Il preside diventa manager ope legis. Virtuoso per volontà del legislatore. E il capo della Rai, anche qui una legge che prescrive l’uomo solo al comando, è scelto direttamente dal premier, cioè dal comandante generale. Quindi è naturale: lui potrà solo scegliere il migliore. Così uno solo in Rai esaminerà i programmi, sceglierà i direttori, deciderà le fortune e le sfortune professionali. La linea editoriale, cosa far vedere e cosa non far vedere in tv.
E lo Sblocca Italia? Il governo, cioè il premier, cioè il comandante generale, decide l’opera irrinunciabile e strategica e non ci sarà modo di contraddire, mitigare, contestare, avanzare una ragione contraria, anche la più motivata e prudente. E la nuova legge elettorale? Il capo del partito – che ora è anche il premier e quindi comandante generale – fa le liste e decide gli eletti. E poi magari da capo del governo sceglie i ministri. Chi non bela non mangia.
La democrazia, diceva Salvemini, è come un bimbo in fasce: se lo accudisci e lo alimenti cresce e si irrobustisce. Se lo affami il suo corpo diventerà gracile e rinsecchirà.