210 tesserati di tutte le età, nove squadre ai vertici dei rispettivi campionati e tanta voglia di giocare a pallone coltivando un sogno: diventare calciatori di Serie A. Se la società crociata dovesse fallire, loro sarebbero automaticamente svincolati da luglio. Fino ad allora si va avanti come si può, tra volontariato e solidarietà
Giocano e fanno gol lontano dai riflettori, dominano le classifiche mietendo vittorie tra campi di periferia e trasferte seguite dai genitori, ma nella crisi del Parma Calcio sono quelli che rischiano di rimetterci di più. Sono le giovani promesse della società ducale: 210 giocatori tesserati, divisi in nove formazioni che rappresentano il futuro. È il calcio che in questi mesi non si è mai fermato, nemmeno quando la prima squadra è rimasta a riposo, bloccata dalle difficoltà finanziarie del club. Il rischio è concreto: tutto andrebbe in fumo insieme al lavoro di anni se i crociati dovessero fallire e retrocedere tra i Dilettanti.
I team del settore giovanile di Francesco Palmieri svettano nelle classifiche tra primi e secondi posti, tengono il passo dei grandi club, in controtendenza con il Parma dei professionisti già ai tempi in cui l’unico problema per i gialloblu sembrava la lotta per non retrocedere in B. Anche domenica 8 marzo, quando allo stadio Tardini sono ritornate le partite di Serie A, per i giovani che vanno dalla classe 2005 alla Primavera ci sono state otto vittorie e un pareggio. Nessuna sconfitta, anche se la più grande incognita per questi calciatori in erba è proprio dietro l’angolo. Dal primo luglio infatti tutti saranno svincolati dalla società e potranno scegliere se tesserarsi di nuovo con i crociati o passare ad altri club. Nel caso di fallimento e retrocessione nei Dilettanti, però, l’opzione fuga da Parma sarebbe quasi obbligata, perché per i giovani che aspirano a giocare nelle massime serie, rimanere significherebbe rinunciare a una miglior vetrina in una squadra di maggiore livello. In una parola: dire basta al sogno di una vita.
“I nostri figli? Per loro è importante giocare, ma sanno quello che sta succedendo, leggono i giornali, sono abbastanza grandi per capire”. Allargano le braccia con un pizzico di preoccupazione papà e mamma di un ragazzo impegnato nel campo sportivo di Colorno, nel parmense, durante la gara poi vinta 1 a 0 contro il Carpi. Se per i Pulcini il calcio è ancora correre dietro a un pallone, nelle formazioni che vanno dai 14 anni in su la consapevolezza di quello che sta accadendo c’è, e si mescola alle tante incertezze sul futuro: “A luglio vedremo, cosa succederà non possiamo prevederlo. Speriamo bene”. Sono i giovani quelli più esposti al pericolo, perché il Parma in questi anni si è fatto un nome anche per il suo vivaio di giocatori, che ora fa gola alle altre società: “Lo scorso anno abbiamo selezionato 450 nuove leve da tutta Italia” racconta Umberto Piazza, capo area osservatori del Parma Fc. Ora invece i “provini” sono fermi in attesa di capire quale piega prenderà la situazione. “Ho detto ai ragazzi che questa crisi può essere anche un’opportunità di visibilità per loro – ha spiegato nei giorni scorsi l’ex campione del Parma Hernan Crespo, che ora allena la Primavera – Ma sono preoccupato, non è facile. Non siamo pagati da mesi e per farci segnare il campo dobbiamo chiedere un favore ai giardinieri, dobbiamo accompagnare noi i ragazzi in trasferta e non ci sono garanzie”.
Una boccata di ossigeno è arrivata con la decisione della Lega di mettere a disposizione 5 milioni di euro, che permetterà al Parma e anche alle squadre del settore giovanile di arrivare alla fine del campionato. Finora invece tutto quello che si è riuscito a fare è frutto del lavoro volontario dei dipendenti e collaboratori del club: allenatori, fisioterapisti, medici, accompagnatori e preparatori. E poi ci sono i genitori dei ragazzi e le altre società, come la Sampdoria che ha pagato l’ultima trasferta della Primavera, o l’Inter, che per permettere ai Giovanissimi Nazionali di partecipare alla Manchester United Premier Cup a Pescara, li ha ospitati su un pullman nerazzurro. Storie di solidarietà in un mondo del calcio parallelo, dove i soldi che girano sono ancora relativamente pochi, ma che, come per la squadra ammiraglia, da un certo punto in poi si sono trasformati in debiti. È stato così anche per il denaro offerto alle società provinciali in cambio dei giocatori prestati per rimpolpare le fila delle giovanili del Parma: un totale di circa 50-60mila euro annui divisi tra le varie associazioni, che però negli ultimi tempi non sono mai arrivati a destinazione. Da lì, da quelle fatture emesse e mai saldate, o dai pullmini utilizzati per il trasporto dei ragazzi ridotti da nove a soli due nel giro di un paio di anni, i collaboratori avevano cominciato ad annusare l’aria di crisi. Ma nessuno avrebbe mai immaginato che nel giro di nemmeno sei mesi anche quei due furgoncini rimasti sarebbero stati pignorati e venduti all’asta.
“Ora si fa come si può, facendo tutti un po’ di lavoro volontario – spiega Piazza – Ci organizziamo fra di noi o con le altre squadre per le trasferte, per gli allenamenti ci pensano gli accompagnatori a passare a prendere in stazione i calciatori che non abitano in città e a trasferirli al campo sportivo, ma nessuno di noi riceve lo stipendio da sette mesi”. Gli allenamenti però proseguono tra Collecchio e San Pancrazio, alle porte di Parma: dalle 15 alle 17 si pensa solo a giocare, al calcio vero, alla prossima sfida. E poi, “quello che sarà, sarà. La decisione di Lega e Figc ci permette di arrivare fino a giugno e completare la nostra attività. Per il resto, cerchiamo di tenere i ragazzi il più possibile lontani dai problemi, di tutelarli e farli crescere come abbiamo fatto finora, perché quello a cui devono pensare sono solo il calcio e il gioco – continua il dirigente – La nostra priorità è tornare presto a parlare soltanto di calcio”.