Un assistente di volo racconta come funziona la sua busta paga, tra percentuali sulle vendite di gadget a bordo, controlli a sorpresa e agenzie interinali
Ryanair è la compagnia leader nel volo low cost. Ma, secondo le lamentele dei suoi dipendenti, lo è anche nel lavoro low cost: “Lavoro per la compagnia da diverso tempo, ho base in Italia e penso sia giunto il momento di chiarire le dinamiche lavorative all’interno dell’azienda”. Inizia così la testimonianza raccolta dal Fatto di un assistente di volo della Ryanair. Da contratto i dipendenti non sono tenuti a divulgare informazioni sulla società. Ma il suo racconto è stato in gran parte confermato dalla stessa Ryanair che ha risposto alle domande del Fatto. Ryanair è un’azienda nella quale si fa la coda per essere assunti nonostante offra contratti iniziali di tre anni e chieda ai neo assunti di pagarsi il corso di formazione. Il costo, secondo la nostra fonte, è di circa 2.000 euro di cui 1.200 vengono recuperati, come incentivo, se si rimane alle dipendenze di Ryanair per almeno 12 mesi. Il “reclutamento” in Italia sta avvenendo proprio in questi giorni con i Cabin Crew Day organizzati dalla Crewlink. Per divenire assistenti di volo occorre avere un’altezza minima, proporzionata al peso, di 157 centimetri, 18 anni di età, una buona conoscenza dell’inglese, saper nuotare e avere una buona forma fisica. Il personale selezionato viene inserito con un contratto flessibile a termine di 3 anni con turni di 5 giorni di lavoro e 2 di riposo seguiti da altri 5 lavorativi e tre di riposo.
Tra le “pressioni” che i lavoratori lamentano c’è la richiesta di rispettare i target di vendita nei prodotti e servizi a bordo dei voli. Si tratta delle entrate “accessorie”, così le definisce la stessa Ryanair nel suo rapporto annuale, che riguardano le prenotazioni di hotel, auto a noleggio, biglietti di bus e treno. E poi pasti e bevande, “gratta e vinci”, i prodotti del duty free a altro ancora. Da tutto questo comparto, nel 2014, Ryanair ha ricavato il 25% del proprio fatturato: 1,24 miliardi di euro contro poco più di un miliardo nel 2013. Una crescita del 17%, che ha portato il fatturato complessivo da 4,8 a 5 miliardi di euro e un profitto netto – dedotte le tasse che hanno inciso in bilancio solo per l’11% – di 523 milioni. I ricavi per le sole vendite a bordo sono passate da 109 a 117 milioni di euro. “Noi abbiamo gli obiettivi di vendita – spiega il nostro interlocutore – abbiamo target e riceviamo un bonus del 10% per ogni vendita”. Gli assistenti di volo che non raggiungono gli obiettivi, dice la nostra fonte, “sono costretti a giustificare i mancati introiti al responsabile presente in ufficio” e quando sei tra i peggiori venditori del mese “ricevi una lettera in cui ti si fa presente che devi migliorare le tue performance”.
Gli assistenti “non devono giustificare la loro performance con il management” risponde però Ryanair quando Il Fatto le gira la domanda. “I peggiori venditori – spiega l’azienda – non ricevono alcuna lettera ma si sottopongono a un training in modo da migliorare le loro tecniche di vendita e massimizzare così i bonus conseguenti”. Si massimizzano i bonus, che infatti pesano in busta paga e, allo stesso tempo, si massimizzano i profitti. “L’obiettivo è vendere, vendere, vendere” continua il nostro testimone. E questo significa “lavorare di corsa, con turni che si susseguono senza nemmeno usufruire di pasti per l’equipaggio”. Da Ryanair veniamo a sapere che in effetti il personale percepisce una specifica “indennità” per il pranzo e deve poi decidere se acquistare il pasto in volo.
Poi c’è la figura del “mistery passenger”, un ispettore sconosciuto che ogni dipendente può trovarsi a bordo dell’aereo. “Il nostro mystery passenger” precisa Ryanair, “lavora come sistema di controllo qualità e ci fornisce riscontri sulle valutazioni della clientela sui servizi offerti dal nostro equipaggio e dal nostro servizio cliente”. Il nostro assistente di volo afferma, invece, che proprio questo funzionario è adibito al controllo degli obiettivi di vendita. L’azienda nega ma resta che chi lavora deve volare sapendo che da qualche parte, su un sedile, c’è qualcuno che lo sta controllando. Il rapporto con i dipendenti italiani è complicato dall’applicazione di tre tipi diversi di rapporto di lavoro. Quelli assunti prima del 2012 guadagnano, afferma il nostro interlocutore, “circa 17 euro l’ora”. Nel 2012, però, è entrata in vigore la normativa europea che obbliga le aziende a pagare la previdenza sociale nel Paese di appartenenza dei dipendenti. Data l’incidenza dei contributi da versare all’Inps, “la compagnia ha offerto ai nuovi assunti uno stipendio inferiore del 12%”.
Gli assunti più anziani hanno invece un contratto a tempo indeterminato con una retribuzione fissa e una parte variabile in funzione delle ore di volo. Tutti arrotondano con le commissioni per le vendite a bordo. Ryanair risponde che il proprio personale “guadagna circa 30mila euro l’anno e gode di aumenti retributivi annui, turni favorevoli, promozioni rapide e sicurezza sul lavoro”. E precisa: si tratta di condizioni “superiori ad Alitalia che nel 2014 ha annunciato un taglio di 2250 posti di lavoro”. Che le retribuzioni siano basse, però, lo si può desumere dai bilanci annuali.
Quello che però l’azienda pubblica sul proprio sito è un po’ diverso: “Nel primo anno si è pagati a volo e con i bonus delle vendite a bordo. Ci si può attendere una retribuzione che va da 900 a 1.400 sterline (da 1.200 a 1.800 euro). Dopo i 12 mesi si può avere un extra annuale tra i 300 e 500 euro. Infine, dopo 6 mesi si può essere assunti direttamente e dopo altri 12 mesi si può concorrere alla posizione di supervisore arrivando a guadagnare fino a 30mila sterline pari a 42mila euro”. Tutte possibilità che valgono solo per una parte dei dipendenti: un supervisore, infatti, coordina tre dipendenti in cabina. L’ammontare degli stipendi di Ryanair, in rapporto al numero dei dipendenti, è del resto inferiore dell’11% a quello di Vueling, altra compagnia low cost. Nel confronto con la International Airlines Group, che raggruppa Vueling, Iberia e British Airways, il costo medio per dipendente è inferiore addirittura del 58 per cento e confrontando i dati di bilancio del 2011 con l’Alitalia, la differenza a svantaggio di Ryanair è di 7.700 euro medi a dipendente, un saldo negativo del 17%.
Quanto alle relazioni sindacali, in Italia sembra non esistano: “Abbiamo tentato dei contatti con l’azienda – dice la Filt Cgil – che finora si sono rivelati impossibili”. A questo problema la compagnia replica con una risposta diplomatica: “Sotto la Costituzione irlandese, tutti i dipendenti Ryanair sono liberi di iscriversi al sindacato e liberi di negoziare il proprio stipendio e le condizioni direttamente con la compagnia”. Una libertà che, tra obiettivi di vendita, mistery passenger e contratti a termine, sembra dover essere conquistata ogni giorno.
Da Il Fatto Quotidiano di mercoledì 11 marzo